Prendendo spunto dalle parole di Papa
Francesco che ha richiamato recentemente genitori e figli a
spegnere il telefonino almeno a tavola, don Aldo Buonaiuto,
direttore di In Terris e sacerdote della Comunità Papa Giovanni
XXIII, lancia un appello: "Almeno un'ora al giorno rialziamo la
testa, stacchiamoci dalle catene di una dipendenza subdola e
menomante. Altrimenti anche noi rischiamo di essere usati dalle
nuove forme di comunicazione spersonalizzanti piuttosto che
dimostrarci responsabili utilizzatori di strumenti concepiti al
nostro servizio e diventati invece moderne dorme di schiavitù.
Nei padri del deserto troviamo la soluzione: 'fuggi, taci,
placati'. Ma oggi quale 'fuga mundi' è possibile se il mondo è
diventato tascabile?".
Don Buonaiuto sottolinea come oggi "i tempi necessari alla
riflessione e al discernimento vengano considerati inutili,
prevale ovunque la dittatura della velocità, il termine inglese
'smart' è divenuto sinonimo di efficienza e rapidità di pensiero
e azione. Sui social rimbalzano come in un video game immagini
di guerre, giovani vite spezzate sulle strade, bimbi che
affogano in mare, gossip regale e persino dispute dottrinarie
che tengono banco sui mass media mondiali - spiega don Buonaiuto
-. Cosa hanno in comune questioni così diverse? Il disprezzo per
la lentezza, identificata come negazione di una modernità che
divora tutto nel lampo di un tweet. Non c'è ormai colloquio nel
quale si possa guardare l'interlocutore negli occhi per più di
un minuto, basta un trillo per indurre a chinare la testa sul
nuovo despota: la tecnologia. Persino durante la messa si scappa
dalla Chiesa quando il tiranno richiama il suo schiavo".
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