Le persone sono ciò che indossano, secondo un meccanismo chiamato effetto priming, come sostiene la psicologa Karen Pine attraverso uno studio ripreso dal Dailymail che dimostra come indossare una maglietta raffigurante un supereroe possa influire positivamente sulle proprie performances mentali.
Giacca e cravatta per gli uomini e tailleur per le donne continuano a essere un passepartout, facendo sentire più sicuro di sé chi li indossa, ma sono lontani i tempi in cui fungevano da divise contemporanee standardizzando l’outfit di impiegati e manager di tutto il mondo. Nel libro Dress for success, scritto da John T. Molloy nel 1975, si sostiene che nell’ambiente di lavoro sia necessario vestirsi in abiti formali, non solo per una questione di decoro, ma anche perché più l’abito rispecchia la nostra professionalità più sarà facile avere successo. Ma a distanza di 40 anni se gli studi scientifici confermano tale tendenza, di diverso avviso sono i nuovi manager che inneggiano a uno stile più easy chic. Da Mark Zuckerberg all’ex Presidente Barack Obama che hanno l’abitudine di indossare sempre gli stessi modelli di abiti, passando per Steve Jobs, che ha fatto del suo look casual un marchio distintivo.
“In un mondo del lavoro sempre più unconventional, in cui l’individualità del singolo ha un peso maggiore rispetto alla schematizzazione e l’uniformità aziendale, applicare regole ferree all’abbigliamento non ha lo stesso senso di un tempo", osserva Stefano Bigi, amministratore unico di Bigi Cravatte Milano. "Il guardaroba racconta molto della nostra personalità, racchiudendo l’idea di sé che si vorrebbe comunicare agli altri e la cravatta, quando si decide di indossarla, esprime il proprio umore e il proprio carattere.”
Ma in che modo l’abito influisce sul contesto lavorativo? Secondo Marina Osnaghi, la prima Master Certified Coach in Italia: “L’abito è un elemento estremamente importante perché sentirsi a proprio agio nell’abbigliamento scelto è un fattore che alleggerisce stress e nervosismi. Corpo, spirito e mente sono infatti indissolubilmente legati. Inoltre ogni ambiente di lavoro ha un dress code che va compreso e condiviso per poter fungere da biglietto da visita decodificabile dal contesto esterno. La digital image rappresenta oggi un importante elemento distintivo di ogni leader di successo, quindi studiare il proprio abbigliamento in funzione dell’immagine che si ha di se stessi e che si vuole trasferire diventa parte del successo dell’azienda. Non bisogna però dimenticare che il ‘vestito’ più potente che si ha siamo noi, l’essenza, la personalità, i valori, le competenze che, essendo necessario veicolare verso chi ancora non ci conosce, si possono trasferire attraverso uno studio attento del proprio abbigliamento, strettamente connesso all’immagine.”
Vale quindi ancora la pena di vestirsi eleganti? Pare di sì. È infatti scientificamente provato che una persona naturalmente ben vestita ispiri più fiducia a patto però, che il gusto coincida con la personalità. Secondo la dottoressa Karen Pine, professoressa di psicologia alla University of Hertfordshire e fashion psychologist, quando si indossa un capo di abbigliamento solitamente si adottano le caratteristiche a esso associate, stimolando il cervello a comportarsi in modo coerente con l’outfit prescelto (effetto priming). In particolare, nello studio svolto dalla professoressa e riportato sul Dailymail, è stato richiesto ad un campione di studenti universitari di indossare una t-shirt di Superman. I risultati mostrano che coloro che indossano la maglia del supereroe, rispetto agli altri, si sentono più attraenti e migliori dei compagni ottenendo punteggi più alti in specifici test mentali. In sostanza secondo la professoressa Pine i lavoratori non solo sono ciò che indossano, ma diventano ciò che indossano poiché i processi mentali e le percezioni vengono influenzate dal significato simbolico attribuito inconsapevolmente a ciò che vediamo. Significativa anche la ricerca “Social benefits of luxury brands as costly signals of wealth and status” pubblicata sulla rivista Evolution and Human Behaviour nella quale si dimostra, attraverso una serie di esperimenti, come chi veste in modo professionale ed elegante possa suscitare un trattamento favorevole godendo di differenti benefici: stipendi più alti, maggiore collaborazione da parte dei colleghi e più raccomandazioni. E se le donne che vestono in modo provocante e aggressivo possono venire giudicate negativamente da altre donne, specie se occupano posti di rilievo nelle aziende; gli uomini che indossano abiti fatti su misura possono essere percepiti molto più sicuri di sé e affidabili rispetto a uomini che indossano abiti non sartoriali, come riportato dal Journal of Fashion Marketing & Management.
E proprio l’attenzione al dettaglio è diventata un fattore essenziale nel mondo del lavoro perché è nei particolari che si celano gli indizi relativi all’ordine, all’accuratezza e all’affidabilità che si ricercano sul lavoro.
“Abiti e accessori possono essere considerati un’estensione della propria personalità – prosegue Stefano Bigi – In particolare, il colore rappresenta una componente estremamente importante nella scelta di abiti e accessori perché cattura, prima di ogni altro fattore, l’attenzione del nostro interlocutore. Nell’abbigliamento maschile ad esempio, il grigio e il blu sono un passepartout, ma per chi vuole dare un tocco di personalità al look, mantenendo un registro formale, è possibile abbinare accessori nelle diverse tonalità del blu, o nei colori bordò, marrone e verde. Il consiglio è sempre quello di non eccedere indossando colori sgargianti o accessori troppo stravaganti”.
Infine, di seguito le tre domande, con i relativi suggerimenti, che secondo la master coach Marina Osnaghi bisogna porsi per avere successo sul lavoro tenendo conto della propria immagine:
1 Cosa voglio trasmettere attraverso il mio abbigliamento?
(Può essere utile riflettere sulla ‘brand identity’ personale o aziendale.)
2 In che modo posso potenziare la creatività nel mio stile?
(Può essere utile, per esempio, indossare un particolare accessorio che funge da ‘capo chiave’, utilizzabile in più di un’occasione e riconoscibile come ‘tuo’, come una sciarpa, una cravatta o un fazzoletto, una sciarpa o un foulard o un paio di guanti; oppure scegliere tessuti di qualità o dal taglio originale.)
3 Chiedersi davanti allo specchio: Mi sento ‘a posto’? Mi sento veramente ‘me’?
(Se la risposta è sì, allora hai potenziato te e la tua forza di incontro verso gli altri. Se la risposta è negativa bisogna ripensare l’outfit fino a che non si arriva a una risposta positiva capace di mettere d’accordo mente ed emotività.)
“In un mondo del lavoro sempre più unconventional, in cui l’individualità del singolo ha un peso maggiore rispetto alla schematizzazione e l’uniformità aziendale, applicare regole ferree all’abbigliamento non ha lo stesso senso di un tempo", osserva Stefano Bigi, amministratore unico di Bigi Cravatte Milano. "Il guardaroba racconta molto della nostra personalità, racchiudendo l’idea di sé che si vorrebbe comunicare agli altri e la cravatta, quando si decide di indossarla, esprime il proprio umore e il proprio carattere.”
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