Il bianco e il nero come "punto di partenza per il futuro", le gonne corte corte per "trovare nuovi spazi" così come Fontana creava nuove dimensioni con i suoi tagli: è un romanticismo punk, asciutto e radicale, quello mostrato da Pierpaolo Piccioli per Valentino al Piccolo di Milano, in un "atto di moda" suggellato dal quintetto d'archi de LaVerdi e dalla voce di Cosima, che questa sera sarà protagonista di un'altra esibizione, al teatro Grassi, la storica sede dell'istituzione culturale milanese.
Perché la scelta stessa della location è programmatica: "inizio il processo -spiega Piccioli dopo la sfilata, vista online nell'ultimo giorno di Milano Moda Donna - quando ho chiaro l'atto finale". Ed è dal tableau vivant di modelli e modelle riunito sul palco dello Strehler, e improvvisamente illuminato da un'accecante luce bianca, che emerge quell'immagine di "speranza in questa generazione nuova, con un romanticismo e un'umanità più autentici".
Se riaprire un teatro dopo un anno di pandemia è già di per sé un gesto "punk", la scelta del Piccolo guarda dritta alla fondazione del teatro come luogo di "lotta per la libertà e per i diritti", come lo hanno voluto Giorgio Strehler e Paolo Grassi. E non ci sarebbe nemmeno tanto bisogno di spiegazioni: "lo storytelling è un escamotage - riflette Piccioli - la narrativa è la moda stessa, che è politica, emozione, valori, un modo per veicolare ciò in cui credo".
Ed ecco una moda che non ha confini di genere, proprio come il punk, il primo movimento a non fare distinguo tra uomo e donna: così lui e lei indossano gli stessi stivali di gomma con i petali applicati, le stesse camicie bianche, alcune maglie dove l'argyle è scomposto e riassemblato, le stesse giacche che hanno la forma della cappa, simbolo della couture per antonomasia. Una moda assertiva che parla di individui e non di gruppi, dove il romanticismo è 'sturm und drang' e si esprime in maniera radicale: nelle gonne cortissime issate sui tacchi a spillo, nei pantaloni di lui troncati sopra la caviglia, nei peacot e nelle giacche trasformate in piccole cappe, negli abiti da sera che sono pannelli tenuti insieme da nastri, nelle reti e nei pizzi, nelle borchie delle pump e in quelle della borsa Rockstud, nella scelta di due soli colori, il bianco e il nero, con qualche tocco d'oro qua e là.
Per ripartire "senza ridondanze né nostalgia" e immaginare un futuro nuovo: "ci immaginavamo un futuro spaziale, fatto di cyber, ma il futuro - chiosa Piccioli - sono sempre le persone".
Per questi giovani, Valentino pensa a un "romanticismo più personale e intimo, legato all'erotismo, ma senza stereotipi" fatto di pezzi reali come le giacche ricamate, i lupetti di rete, i maglioni con il check spezzato. Un invito a essere se stessi, "individui e non gruppi", un po' anarchici come oggi lo è "riaprire un teatro e lanciare un messaggio di speranza per un futuro non facilissimo". Un futuro dove Valentino potrebbe tornare a sfilare a Parigi, o magari anche no: "questa pandemia mi ha insegnato a scegliere di volta in volta" spiega Piccioli, che spera comunque di poter tornare presto a presentare dal vivo perché "il linguaggio della moda - conclude - è la sfilata".
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