I giorni dell'emergenza #coronavirus, i cui effetti drammatici sono a tutti ben noti, portano alla luce anche altre problematiche non meno rilevanti. Chiusi i bingo e le sale slot machine che hanno rovinato il tessuto urbano di città e periferie e creato ludopatie, controllati i passanti che per decreto solo per comprovate esigenze lavorative o di necessità possono uscire come se la passano i tossicodipendenti o quelli che buttano soldi e pensioni con le macchinette o gli alcolisti e tutti quelli in generale affetti da dipendenze da sostanze o comportamentali ? Decisamente male, in astinenza anche se se ne parla poco. Ma è il momento, costretti in casa, di prendere in mano la propria vita. Raffaele Lovaste, Direttore di IEuD (Istituto Europeo per il trattamento delle Dipendenze), racconta ad Ansa Lifestyle i centralini intasati per la richiesta di aiuto, di colloquio anche per cominciare la terapia on line.
"Riceviamo molte chiamate, sia uomini che donne in uguale percentuale, di un'età media dai 30 ai 50 anni. Abbiamo monitorato - dice Lovaste - le visite al nostro sito web che hanno avuto una impennata: il 29,5% dalla Lombardia, il 16,83% dal Lazio, il 9,02 dalla Campania, il 6,20% dall'Emilia Romagna, il 6,18 dalla Sicilia. Questi i dati più rilevanti ma c'è anche il Piemonte, il Veneto, la Puglia, la Toscana, insomma direi quasi tutte le regioni italiane (Molise e Val d'Aosta agli ultimi posti con 0,15% e 0,6% di richieste)". Racconta il direttore dello IEud, un istituto all'avanguardia per il trattamento delle dipendenze, fondato a Milano nel 2016 che "Nella maggior parte dei casi si tratta di dipendenza da cocaina, alcol e cannabis. Ma la dipendenza da cannabis non è ancora vissuta come un vero problema, si pensa che non abbia le criticità di altre droghe, come la cocaina e l'eroina per le quali si avverte una effettiva pericolosità. In questi giorni abbiamo ricevuto anche richieste di informazioni su come si cura la dipendenza da gioco e da sesso tramite internet. La clausura forzata mette evidentemente di fronte a queste realtà difficili chi è affetto da dipendenze, tutte da esercitare in solitudine. La solitudine e l'isolamento forzato di questi giorni creano evidentemente una consapevolezza dei pericoli cui si va incontro, da qui l'aumento delle richieste di aiuto". Come si aiutano le persone con la terapia on line? "Consente a chi è affetto da una dipendenza di mantenere un'assoluta privacy, per questo è molto richiesta. C'è ancora, nella nostra società, una sorta di stigma che segna chi è affetto da queste patologie, spesso quindi si tende a nascondersi e a non affrontare il problema. Con la terapia o il sostegno online noi proponiamo un programma di incontri periodici da concordare tramite un software specifico, organizzati tenendo principalmente conto dell'agenda di chi richiede assistenza. Può capitare a volte di intensificare questi incontri con collegamenti non programmati, oppure di cancellarne qualcuno: c'è infatti estrema flessibilità, il contatto online a volte funziona particolarmente bene e ambedue, il terapeuta e il paziente, sentiamo il bisogno di prolungarla oltre i 45 minuti canonici. Oppure possiamo cancellare / rimandare un incontro per sopravvenuti impegni della persona. Parlarsi via skype accentua la predisposizione alla sincerità del paziente che si sente "protetto" dall'ambiente domestico".
Racconta il dottor Lovaste come esempio, la storia a lieto fine di una donna di 26 anni, Maria (nome e sesso di fantasia) dipendente da cocaina. Dopo alterne fasi finalemente e progressivamente aumenta il contatto emotivo nelle sedute, le conversazioni si fanno più partecipate e la sensazione di dovergli quasi estorcere le parole di bocca lascia spazio ad una maggiore spontaneità nell’interazione. "E’ da qualche mese che la terapia online ha ripreso e questa modalità di contatto si è rivelata funzionale perché ha permesso di creare una relazione di fiducia necessaria a qualsivoglia futuro intervento riabilitativo. Per lei e la sua famiglia ha rappresentato la distanza ottimale per potersi avvicinare al problema ed iniziare ad affrontarlo come tale. Senza questa distanza di protezione la consapevolezza di avere un problema sarebbe stata, a mio parere, semplicemente impossibile".
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