Chi ha detto che i ragazzi non hanno voglia di impegno? A ben conoscerli i 18enni o giù di lì sono tutt'altro che arresi alla società di oggi. Greta Thunberg, la 16enne svedese attivista per il clima ha impressionato il mondo con i suoi interventi franchi e diretti ed ha aperto la marcia dei giovani a Parigi. E' diventata in poco tempo un simbolo ma non l'unico: i ragazzi dimostrano una gran voglia di sfide per il futuro in un modo certamente diverso dalle precedenze generazioni divise dagli 'ismi', comunismo e fascismo. Ai giovani oggi interessa, come ai giovani di ieri, vedersi in un mondo migliore e oggi il primo obiettivo di lotta è il cambiamento climatico, l'impatto ambientale delle nostre azioni. Anche sui diritti i 18enni di oggi hanno le idee chiare contro i gap di genere. Hanno voglia di decidere "l'Alfabeto del futuro", tema della manifestazione del 23 febbraio a Roma. Provenienti da tutta Italia, selezionati tra gli studenti di scuole di secondo grado, brillanti, appassionati, 12 di loro, in rappresentanza di tutta una generazione, raccontano loro stessi e come si immaginano nella complessa società futura che li attende.
C’è chi è timida ma ama viaggiare per farsi amici nel mondo; c’è chi vuole “fare la differenza” per rompere il silenzio opprimente intorno alla malattia mentale; c’è chi vuole condividere l’entusiasmo di avere una vita a disposizione; c’è chi arriva da molto lontano e con un passato difficile, ma che vuole lavorare nel presente per un futuro migliore. Sono i ragazzi e le ragazze speaker ufficiali del TEDxYouth@Roma all'Auditorium della Conciliazione.
Il TEDxYouth è la formula dedicata ai giovani che rientra nel novero della TED Conference, conferenza dedicata alla «condivisione di idee che meritano di essere diffuse» che avviene con appuntamento annuale in cui «thinkers» famosi in tutto il mondo sono invitati a condividere le loro conoscenze e passioni. I TEDx sono eventi non profit, organizzati da volontari animati dall’amore per la loro «Comunità» e per le «Idee che meritano di essere condivise».
Ecco le loro 12 storie:
Alessandro Andreucci, 16 anni di Roma, con il suo intervento “L’alfabeto della semplicità” si è interrogato sul senso della corsa perenne che sembra sia diventata la cifra dell’oggi. Progresso, innovazione, un brillante domani: sempre di corsa, rincorriamo un mondo che corre. Ma come possiamo scrivere l’alfabeto del futuro se, confusi e spiazzati da questa corsa continua, non riusciamo neanche a decifrare l’alfabeto del presente? La chiave per Alessandro è tornare alla semplicità. Semplice deriva dal latino simplex e significa “piegato una sola volta”. Ecco, forse, tra mille direzioni, la chiave è trovare quell’unico, semplice filo che ha portato Teseo fuori dal labirinto.
Vittoria Batavia, 18 anni di Torino, con “Writing on my own ending”, vuole scardinare il pregiudizio sulle malattie mentali partendo da sé. “Solo perché non la vedi non vuol dire che non esiste”: convivere con una malattia mentale è come salire su una montagna russa, da cui non scendi mai e senza la parte divertente. Un momento sei in cima alla giostra, il momento dopo precipiti giù e ti perdi nei tuoi pensieri ossessivi. Vittoria dà voce a chi, come lei, si sente incompreso o chiuso nel pregiudizio di un disturbo della mente, rendendo reale – attraverso le parole – un disagio che per molti rimane invisibile.
Riccardo Camarda 16 anni, viene da Bolzano Vicentino (VI) racconta nella sua “Profezia dell’adolescenza”, come “gli adolescenti” vivano sulla loro pelle il dualismo di essere considerati, da una parte, uno dei problemi sociali più importanti, dall’altra una costruzione commerciale: i mercati infatti hanno reso l’adolescenza liquida. La plasmano, la modellano, decidono in che forma si deve presentare, in che quantità. E i ragazzi si ritrovano imprigionati in una rappresentazione che li vuole con quella maglia, vestito, canzone, oggetti capaci di renderli adolescenti per davvero, come se senza, non lo fossero. Riccardo vuole superare le etichette, perché nella vita reale non ci sono i like, non c’è un pollice in su o in giù, non ci sono solo le foto in cui vieni bene e che vuoi far vedere: ci sei tu, in qualsiasi momento, anche quelli che non vorresti esporre, continuamente esposto allo sguardo vigile degli altri che non vedono l’ora di vedere un tuo errore o una tua mancanza.
Benedetta Carotti, 17 anni arriva da Jesi (AN) per parlare di "Percezione e marketing – come il colore influenza l’economia" ovvero di come dell’importanza del colore e di come, secondo lei, diventerà “l’alfabeto del futuro”. I colori infatti riescono a comunicare senza bisogno di parole, in un modo addirittura più profondo. Attraverso i colori, puoi “comunicare tutto ciò che hai da dire senza limiti, senza emettere fiato”.
Mara Castiglioni, 18 anni di Bursto Arsizio (VA) non ha paura di dire che il futuro, fatto di egoismi e disattenzione verso le emozioni delle persone, non le piace. Nel suo intervento, in inglese su "The lack of empathy is destroying our society" ha fatto sue le parole di Obama “Il più grande deficit che abbiamo nella nostra società e nel mondo in questo momento è un deficit di empatia. Abbiamo un grande bisogno che le persone siano in grado di stare nei panni di qualcun altro e vedere il mondo attraverso i loro occhi ". Benedetta ha capito che la sensibilità non è la sua più grande debolezza, ma la sua forza. E che per salvare il futuro della nostra società sia necessario imparare ad essere empatici, a lavorare insieme per un domani migliore, senza dimenticare che tutti si sentono come noi.
Antonio Di Pietro, 17 anni, barese, scrive poesie in rima perché danno ritmo alla vita e pratica clownterapia perché gli dà emozioni fortissime tutte insieme. Ed è proprio dell’importanza delle emozioni che Antonio parla nel suo intervento dal titolo: "Il linguaggio emozionale". Grazie alla clownterapia, ha imparato una nuova definizione di famiglia, in cui ci si aiuta l’un con l’altro, con il medesimo obiettivo: dare una mano e regalare un sorriso. Anche per Antonio, l’empatia è il nuovo codice del futuro, per programmare un mondo dove tutti si possano comprendere facilmente anche con un semplice sorriso o grazie a un “naso rosso pomodoro”.
Giulia Leo, 17 anni di Bari, nonostante la timidezza e le figuracce sempre in agguato, Giulia ama viaggiare zaino in spalla in esplorazione del mondo, senza dimenticare un libro in inglese a farle compagnia. Durante il TEDXYouth lei ha parlato del "Why Women Are The ABC Of The Future" spiegando che nel suo alfabeto, è convinta che le donne siano l’abc del futuro. Giulia ha ripercorso le tappe fondamentali per i diritti delle donne. “Sì - dice - la strada dell'uguaglianza potrebbe essere lunga e difficile, ma sono certa che se continueremo a percorrerla, ammireremo dall’alto una vista spettacolare”.
Rachele Matteucci, 17 anni di Jesi (AN), ama la poesia e l’italiano e crede che le emoji possano essere l’alfabeto del futuro e lo ha spiegato nel suo speech su "L’andamento travolgente delle emoji". Il sistema delle emoji ha un’enorme potenzialità: rappresenta le emozioni e le cose con i disegni ed è usato nei cinque continenti. Ed è qui però che sorge un problema: troppe persone con differenti background per un unico alfabeto digitale. La soluzione potrebbe essere una "Stele di Rosetta 2.0": perché non inventare un codice, uno strumento che fornisca un'interpretazione chiara e formale di tutte le emoji? Un codice da consultare all'occorrenza, pratico e efficiente, per non cadere in errore e comprendersi e, se vogliamo, arricchire il linguaggio non verbale.
Jerald Andrè Moscoso Carreno, 18 anni, viene da Perugia. La musica è la colonna sonora della sua vita, sia perché la suona sia perché non smette mai di ascoltarla. Nel suo intervento dal titolo "No al pregiudizio musicale" invita tutti a non sentirsi giudicati e a non giudicare per la musica che si ascolta o che gli altri ascoltano, perché ogni tipo di musica ha il ruolo di accogliere il desiderio di espressione interiore che ognuna ha.
Maria Gabriella Nanna, 15 anni di Casamassima (BA), ha lo sguardo sempre all’insù: la sua passione è l’astronomia e il suo sogno è diventare astronauta, perché crede che il futuro dell’uomo sia tra le stelle. E perché non dovremmo provare a immaginare il nostro futuro nell'universo, che è anche la nostra casa sin dall'inizio? Dopotutto - dice Maria Gabriella - non vivremmo tutti nelle caverne se non avessimo avuto il coraggio di accendere il primo fuoco? Di questo ha parlato nel suo intervento "Gravity as a way to communicate".
Morr Ndiaye (18 anni, Licata - AG) viene da lontano, dal Gambia. Arriva in Italia nel 2017, dopo aver attraversato l’Africa. Ora vive in Sicilia in un centro di seconda accoglienza e studia alla scuola alberghiera. Nel suo intervento: "Una spinta al futuro" racconta la sua esperienza dicendo. “Ho capito che il passato non si può cancellare e che il futuro non si può né cancellare né prevedere. L’unica nostra possibilità per renderlo migliore è quella di aiutarci nel presente”. Morr parla di come la sua idea di futuro sia cambiata.mLasciato il Gambia, la sua idea di futuro era quella di poter studiare, lavorare, avere una moglie e dei figli. Ma poi, quando il viaggio è diventato molto duro, il suo futuro era tutto in una parola: “Salvarmi”. Quando è arrivato in Sicilia, a Siracusa, ed è andato a vivere in un centro di accoglienza, la sua parola di futuro era “Fermo”: era molto contento di essere vivo, ma nessuno gli diceva cosa fare, non andava a scuola, non sapeva parlare italiano. La svolta è stata partecipare a un corso per imparare a parlare attraverso le immagini.
E da lì ha iniziato a star bene. Perché per costruire un domani è importante “stare bene”.
Sara Tomasi, 16 anni di Trento, ha tre desideri: che ogni giorno duri 48 ore, che la dislessia non esista e che le lezioni
a scuola durino solo sei ore! Ma Sara sa anche che i suoi sono desideri irrealizzabili e quindi sta trovando un modo per
farsi bastare le 24 ore e raggiungere i suoi obiettivi. Nel suo intervento "Il tempo e la sua assenza" Sara racconta la
sua dislessia come una particolarità che rende il modo di apprendere diverso dagli altri, e che ha bisogno di alcune strategie specifiche per agevolare lo studio. Una particolarità, proprio come avere gli occhiali, nulla di più. Eppure chi è dislessico si sente perennemente trattato in modo diverso. E se ci sono persone che considerano la dislessia una malattia, ce ne sono altrettante che continuano a dire che non è un problema, ma solo una scusa per “non fare”. Sara racconta la sua storia e dice che negli anni ha imparato a trarne vantaggio: è diventata più astuta, molto brava ad organizzare il suo tempo e ad allenare la sua memoria. Oggi Sara dice che è una persona che vuole essere in grado di stare sulle proprie gambe e correre nella giusta direzione.
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