Ti ritrovi su un’isola, completamente inerme e senza equipaggiamento. In lontananza un edificio abbandonato potrebbe contenere quello che ti serve, ma nonostante la quiete dell’ambiente circostante, sai che il pericolo è in agguato dietro ogni angolo e non c’è tempo da perdere: è “uccidi, o vieni ucciso”.
La scarica di adrenalina, l’imprevedibilità ma anche la rapidità hanno fatto delle battle royale il trend videoludico 2018. Lo dimostrano due giochi come PlayerUnknown’s Battlegrounds e Fortnite Battle Royale, che hanno una storia che viene da lontanoe sono popolarissimi tra i giovani.
Le origini del filone
In principio erano ‘Il signore delle mosche’ e ‘L’implacabile’: dietro il classico romanzo del premio Nobel William Golding, e dietro il film culto degli anni ‘80 con Arnold Schwarzenegger su un reality show mortale, nato peraltro dalla penna di Stephen King, si annidano temi come l’egoismo, la violenza bestiale annidata nelle pieghe della civiltà, il senso e la distorsione della società umana, il tutto declinato nelle storie tanto coinvolgenti quanto inquietanti di un conto alla rovescia di vite. A unire idealmente i motivi di questi due classici, cioè un gruppo di giovani ragazzi esposti al pericolo e alla spettacolarizzazione di una distopia violenta e crudele fu in Giappone ‘Battle Royale’: prima romanzo, poi serie di manga e film del 2000 di Kinji Fukasaku con Takeshi Kitano, il racconto ritrae un gruppo di studenti che in un regime para-fascista dalle leggi autoritarie e folli si ritrovano catapultati su un’isola, costretti a battersi all’ultimo sangue con le armi che vengono loro assegnate casualmente, con l’obbligo di scontrarsi pena una morte immediata, l’incognita di zone pericolose sparse sul terreno e un conto alla rovescia, in un tutti contro tutti cruento e disperato.
Il contesto in cui nasce questa storia, e in cui viene ambientata, è quello di una terrificante recessione economica e conseguente crisi politica e morale, un riflesso di quel periodo di stagnazione e inflazione tra anni ‘90 e 2000 che nella storiografia giapponese viene chiamato “il decennio perduto”. Ne nasce un archetipo ben preciso, forse uno dei più originali nella fiction dell’ultimo ventennio, dove la domanda esistenziale su cosa sia disposto a fare l’uomo posto in condizioni estreme incontra quelle stesse condizioni estreme, tradotte in un tripudio esagerato e spiccatamente allegorico di ultraviolenza.
Più di un decennio dopo la stessa combinazione di iconografia e motivi socio-politici, ispirati dalle prospettive tetre della crisi globale del 2008, si sono affacciate nel best-seller young adult ‘The Hunger Games’, serie di libri e di film dal successo travolgente, che hanno reso familiare a un pubblico occidentale quanto mai vasto il concetto di battle royale.
Come si gioca e perchè hanno infranto ogni record di visualizzazione
Il videogame, già luogo per immense battaglie in multiplayer PvP (giocatore contro giocatore), non poteva venire meno a questo topos: il 2018 passerà alla storia allora come l’anno in cui a sbancare tutto sono stati i grandi giochi action che hanno abbracciato le dinamiche della battle royale, affermando contemporaneamente un modello economico differente. A guidare questo trend sono PlayerUnknown’s BattleGrounds e Fortnite Battle Royale.
Il primo a uscire è stato PUBG, un bestseller quasi carbonaro: il gioco nasce infatti dalle “mod” di ARMA 2, sparatutto multiplayer di ambientazione bellica. In particolare si tratta della versione DayZ: BattleRoyale che Brendan Greene, noto con il nickname di PlayerUnknown, ha realizzato “moddando” il gioco originale, cioè cambiandone ambientazione e spirito attraverso un redesign cosmetico, pur mantenendo l’impianto di base e il motore del titolo di partenza. A ispirarlo proprio il film giapponese Battle Royale, di cui Greene riadatta il crudo realismo e alcune trovate. Il gioco PUBG, poi sviluppato indipendentemente, e pubblicato da Bluehole in esclusiva per Microsoft su PC e XBox One, realizza appieno la trasposizione della Battle Royale, rendendo ancora più fedele la traduzione di temi e situazioni del film nel medium videoludico. Ogni giocatore si ritrova a combattere con altri 99 sconosciuti, letteralmente paracadutati su un’isola remota, dove vince chi rimane in vita per ultimo grazie all’astuzia, all’abilità nell’uccidere gli avversari, e anche alla fortuna. Le armi e tutti gli oggetti utili, infatti, sono sparsi casualmente nel terreno di gioco, ma con particolare densità nelle aree considerate più pericolose per la conformazione dell’ambiente. Proprio come avviene nel film, le strategie dei giocatori variano: c’è chi si allea temporaneamente con altri giocatori per eliminare il grosso degli avversari per avere una resa dei conti finale; c’è chi si aggira per la mappa eliminando chiunque si trovi davanti; c’è chi si nasconde aspettando che il gruppo si sfoltisca. Ma questa evenienza è arginata attivamente dal gioco con bombardamenti dell’isola, casuali ma preannunciati, e con il restringimento graduale dell’area giocabile, al di fuori della quale si ricevono danni automatici progressivi. Inoltre, per ottenere equipaggiamenti, veicoli e armi è necessario rimanere in movimento, sperando di incappare nei rifornimenti paracadutati dall’alto.
Il gioco, praticabile sia uno contro uno, sia in piccole squadre, è divenuto un successo di pubblico enorme dal suo debutto a dicembre 2017 (oltre 30 milioni di copie vendute per la versione PC e oltre 5 milioni per quella per XBox) ed è stato adattato anche nella versione mobile per Android e iOS PUBG Mobile, scaricabile gratis.
Ancora più fulminante è il successo di Fortnite, in particolar modo dello spin-off Fortnite Battle Royale, uscito a settembre e già arrivato, secondo le stime più recenti, a una base di 45 milioni di giocatori tra tutte le piattaforme (Mac, Windows, XBox One, PlayStation 4, iOS e prossimamente anche Android). A svilupparlo sono stati gli esperti delle battaglie in arena di Epic Games (già creatori tra gli altri di Unreal e Infinity Blade), che lo hanno distribuito gratuitamente (con micro-transazioni interne, non strettamente necessarie), secondo la filosofia del gioco come servizio della loro parent company, la cinese Tencent, peraltro responsabile anche di PUBG Mobile. Secondo i dati di SuperDataresearch, a maggio gli oltre 125 milioni di giocatori in tutto il mondo hanno garantito alle casse degli sviluppatori 318 milioni di dollari, superando il primato precedente di Lineage, uno dei più famosi giochi di ruolo online, di quasi 100 milioni, e stracciando i risultati di titoli più famosi come Pokemon Go o Clash Royale.
A differenza di PUBG, Fortnite Battle Royale calca meno la mano sulla violenza e propone un contesto di battaglia più cartoonesco e spassoso: non si tratta solo della grafica, marcatamente caricaturale, ma delle meccaniche di gioco, meno improntate al tatticismo e più vicine a un concetto di shooter deflagrante, esagerato, distruttivo. A contribuire uno scenario in forma di sandbox, completamente distruttibile e ricostruibile dal personaggio dotato di piccozza per estrarre materiali dall’intero ambiente circostante, per poter creare barriere, rampe, muri, scale e molto altro. Un’impronta creativa alla Minecraft, insomma, che unita alla mancanza di veicoli guidabili sull’isola contribuisce a una sfida meno diretta, ma allo stesso tempo più orientata a premiare skill e astuzia. Nessuno è avvantaggiato in partenza, e il risultato è quello di un titolo definito facile da giocare ma difficile da dominare: uno dei motivi del successo di Fortnite Battle Royale sarebbe anche nell’attenzione posta dagli sviluppatori contro i cheater, i giocatori che barano o fanno squadra laddove non consentito (cioè, non nelle partite in team). Gli obiettivi e le situazioni di gioco, per il resto, sono molto simili al rivale: ci si ritrova paracadutati su un’isola dalla mappa generata casualmente e, da soli o in piccole squadre, bisogna eliminare gli avversari fino all’ultimo, recuperando armi e oggetti sparsi o paracadutati e correndo contro il tempo, mentre l’area giocabile si restringe.
Se una conoscenza profonda dei meccanismi e delle abilità intrinseche in ogni shooter sono sicuramente importanti per entrambi i giochi, non è necessario essere un videogiocatore esperto per godere del loro piacere casuale, rapido ma non istantaneo (le partite durano circa 30 minuti), adrenalinico e imprevedibile. Questa soglia d’ingresso molto bassa sarebbe responsabile di un exploit milionario, che ha colpito i fan casuali come i più dediti: sulla piattaforma streaming Twitch, prima Battlegrounds e poi Fortnite Battle Royale hanno infranto i record di visualizzazioni che prima spettavano a colossi come League of Legends e, non a caso, si parla già di leghe ed eventi di eSport. Ma più ancora delle grandi folle di spettatori dal vivo o in collegamento, i diretti interessati delle battle royale elettroniche sono i componenti un campione quasi random della società, dai ragazzi con le loro console ai pendolari che fanno una veloce battaglia sullo smartphone nel mezzo del loro tragitto casa-lavoro, tutti pronti a scatenarsi per la loro chance di sopravvivere in un mondo virtuale violento, implacabile ed elettrizzante.
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