La voce ha un potere che nessuna foto o video può avere: è unica per ogni persona, è riconoscibile e crea una connessione con l’ascoltatore. Qualche anno fa i social si basavano principalmente sulla parola scritta, come facebook e twitter, poi sulle immagini come Instagram e TikTok e oggi sulla voce. E anche i podcast, che non sono social, si basano sulla voce e sono diventati enormemente popolari e ora la stessa peculiarità è di ClubHouse, il social di cui tutti parlano, un nuovo social network in cui le interazioni avvengono appunto tramite il solo utilizzo della voce.
Clubhouse è il place to be del momento, il social più cool. Esploso negli USA ad Aprile 2020, a Gennaio 2021 è arrivato in Italia con grande entusiasmo, ma soprattutto esclusività. Ad oggi infatti è possibile accedere solo su invito ed è disponibile solo per chi ha l' Iphone, per ora, ma le pressioni per farlo arrivare su android sono già molte.
Secondo un report di AvantGrade.com, basato sui dati di Google Trends, le ricerche su ClubHouse, cosa significa, come si usa, sono state così numerose da battere in questi giorni ad esempio quelle su Ronaldo e su TikTok. Il paese più attivo è la Cina, dove è stato possibile scaricare l’app fino all’8 febbraio. A seguire, Taiwan e Hong Kong con l’Italia decima.
Questo successo ha molte spiegazioni: innanzitutto quando possiamo scegliere tra parlare a un dispositivo e digitare su una tastiera, sempre più spesso preferiamo la prima opzione. La costante crescita dell’utilizzo degli assistenti vocali tipo Alexa, delle funzioni di ricerca vocale e degli stessi voicebot basati sull’Intelligenza Artificiale sono ulteriori conferme di questo. Con l’arrivo di Clubhouse, l’interazione vocale non è più solo nel dialogo uomo / macchina, ma diventa un vero e proprio palcoscenico per la condivisione di esperienze e opinioni. “Clubhouse risponde sicuramente alla naturale esigenza, sempre più diffusa e sentita, anche a livello di social media, di riportare l’interazione al suo medium naturale e informale: la voce. L’originalità di questo mezzo ci dimostra che si stanno avvicinando i tempi in cui smetteremo di passare buona parte della giornata con lo sguardo basso, a scrollare e digitare su uno schermo", dice Rosa Maria Molteni, Marketing & Communication Manager di Spitch, azienda svizzera con presenza globale e fornitore leader di soluzioni di communication automation.
Come funziona
Clubhouse è il nuovo social network basato interamente sulla voce degli utenti e la loro interazione in diretta e senza registrazione. Da tempo infatti, sui sistemi di messaggistica come Whatsapp, Telegram, Facebook Messenger o nei DM di Instagram si predilige la voce attraverso un messaggio vocale, breve o lungo che sia, ad uno di testo, una scelta legata soprattutto a motivi di praticità, velocità, pigrizia o contesto. Chiunque ha figli o è in contatto con giovanissimi sa bene come preferiscano inviare messaggi vocali piuttosto che scrivere, una pratica quest'ultima definita affettuosamente con il termine boomer, che più che per figli del boom economico degli anni '60 - raramente hanno queste competenze storiche - sta per superato. Dopo l’iscrizione, esclusivamente su invito, gli utenti possono entrare e uscire dalle diverse “room”, ovvero chat dedicate ai più svariati argomenti, intervenendo liberamente o limitandosi ad ascoltare: in sostanza, un ambiente globale di discussione basato su un insieme di podcast interattivi (e non memorizzabili).
Come nasce?
Questo fenomeno di preferenza sul vocale non è sfuggito a due visionari imprenditori americani, ovviamente della Silicon Valley – Paul Davison e Rohan Seth, rispettivamente ex Pinterest e Google – che dopo aver raccolto oltre 100 milioni di dollari dalla società di venture capital Andressen Horowitz e già investitori di Facebook, Twitter e Airbnb, hanno lanciato ad Aprile 2020 in piena pandemia, il social network Clubhouse, dove è possibile parlare in diretta soltanto attraverso audio, e che ad oggi conta i primi 2 milioni di utenti con una valutazione che supera 1 miliardo di dollari.
Le Room
Le Room o Stanze sono sale tematiche, dove condividere argomenti sempre più di nicchia, in cui tutti possono partecipare, seppure con la moderazione degli organizzatori, ma dove il diritto di parola è per tutti e per alzata di “mano”, con l’obiettivo di dare il proprio contributo alla conversazione. La propria voce su Clubhouse diventa un’arma molto potente, che lascia spazio all’immaginazione: può ammaliare, coinvolgere, annoiare o infastidire, ma certo permette a tutti di andare oltre i propri limiti, senza doversi fermare di fronte alle barriere tecnologiche, come quelle di Twitch per le telecamere o di Instagram dove essere perfetti nelle foto e nelle dirette è tutto.
Chi partecipa?
Clubhouse ha un altissimo tasso di “time consuming” e crea dipendenza come non mai! A conferma di ciò si registra la presenza di grandi personaggi dello spettacolo come Oprah Winfrey, Ashton Kutcher, Chris Rock, Kevin Hart, Drake, influencer, imprenditori che si trovano senza troppa fatica tra una stanza e l’altra, dove è possibile dialogare senza filtri, un’occasione unica per creare un network di alto profilo. Un ruolo importante è stato giocato dalle stanze in cui sono entrati Elon Musk e Mark Zuckerberg. Lo dicono i numeri: le ricerche degli ultimi giorni sul fondatore di Facebook hanno raggiunto un +450% mentre su Mask siamo a +110%. Tra le domande associate, anche un incredibile +2.200% su “Club House registrazione” e +800% su “Come registrarsi su Club House”, riferisce Avantgrade.com.
Non mancano nemmeno i grandi nomi dell’arte, con i suoi protagonisti come l’artista Emilio Isgrò, direttori di musei, fiere d’arte e istituzioni come Stefano Boeri Presidente della Triennale di Milano, Ilaria Bonacossa di Artissima Torino o Serena Bertolucci di Palazzo Ducale a Genova, senza dimenticare collezionisti, galleristi e dealer. Quando è arrivato in Italia, Andrea Concas ha dato il via alle prime stanze dedicate all’Arte in italiano. Pochi giorni dopo è nato ClubItalia, il primo e più grande club ufficiale della community italiana di ClubHouse, fondato da Marta Basso, Federico Cecchin e Ana Maria Fella, che conta ad oggi oltre 11mila follower e una programmazione quotidiana portata avanti da oltre 100 professionisti della comunicazione e formata da 4 palinsesti nazionali.
Il 'sistema' delle stanze sta conquistando, non a caso da poco anche Instagram ha annunciato le stanze in diretta, una nuova funzione per connettere fino a 4 persone.
Mentre il nuovo social network raccoglie sempre più utenti per nella versione Beta, non mancano però le polemiche. Anche se queste conversazioni non sono memorizzabili, l’impronta vocale è infatti un dato biometrico sensibile, specialmente quando associata ad altri dati personali. Soprattutto, come già successo per FaceApp, il rischio diviene concreto quando non è ben chiaro se, come, dove e da chi le informazioni condivise vengono conservate. Secondo lo Stanford Internet Observatory, Clubhouse deve affinare la propria policy sulla questione privacy, in quanto la maggior parte del flusso di dati si poggia su una società terza cinese con sede a Shangai chiamata Agora, e rassicurare il mercato sull’utilizzo di una crittografia all’avanguardia. L’utilizzo di tecnologie di protezione dati obsolete o insufficienti, che consentirebbe di intercettare, registrare, conservare o trascrivere tutto quello che accade nelle room, va infatti non solo contro la legge, ma contro lo spirito stesso del social.
Perchè funziona e quali sono le somiglianze con i podcast lo spiega Francesco Tassi, ceo di VOIS, azienda di branded podcast. Innanzitutto la connessione: la voce genera fiducia, autenticità e intimità alla conversazione con l’ascoltatore. Poi c'è il tempo dedicato all’ascolto: tanto. su ClubHouse la conversazione è a più voci e diventa difficile staccarsi se la conversazione è particolarmente interessante. Fondamentale è la libertà dell’ascolto quando e dove si vuole: come un podcast si può ascoltare nel tragitto casa-lavoro, in metro o anche a casa, magari quando ci si sta prendendo del tempo per rilassarsi, anche ClubHouse può essere utilizzato in qualunque momento, in qualunque luogo, ci sarà sempre qualche room da ascoltare. Altro elemento è l’engagement, il coinvolgimento: se nei podcast il 61% degli ascoltatori riproduce interamente la durata dell’episodio, su ClubHouse l’engagement è ancora maggiore perché entra in gioco il fattore FOMO ovvero la paura di perdersi delle conversazioni che ci interessano perché non potremo riascoltare in altre occasioni. Il quinto pilastro è la teoria MAYA ovvero “most advanced yet acceptable” che significa creare qualcosa di innovativo ma allo stesso comprensibile, qualcosa che abbia uno o più elementi in cui le persone si possono ritrovare e che possono capire e ClubHouse ad oggi rispecchia proprio questo elemento.
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