Esercizio fisico, niente fumo, più comunicazione col medico, supporto psicologico e migliorare l'alimentazione attraverso l'aiuto di un specialista consigliato dal proprio oncologo. Ogni tumore è diverso e richiede una cura e supporto specifici, ma queste cinque regole sono valide per tutti e aiutano i pazienti ad affrontare meglio la sfida. A illustrarle oggi l'incontro "Alimentazione ed effetti collaterali nelle pazienti affette da tumore", aperto ai cittadini e ospitato presso l'Istituto Tumori Regina Elena, nell'ambito della Settimana dedicata alla Salute della Donna.
L'esercizio fisico, spiega l'oncologo Massimo Bonucci, presidente dell'Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate (Artoi), "migliora la circolazione del sangue e l'ossigenazione, e questo ha un effetto antinfiammatorio a livello cellulare. L'infiammazione infatti è uno stimolo alla proliferazione delle cellule neoplastiche. Meno ce n'è e più i linfociti T riescono a individuare e colpire le cellule tumorali".
Quanto al fumo, aumenta il rischio di diversi tipi di tumore, non solo al polmone, perché contiene sostanze cancerogene dovute alla combustione. "Anche le due o tre sigarette al giorno - spiega - andrebbero eliminate perché hanno un effetto cumulativo". Terza regola, chiarisce Alessandra Fabi, oncologa del Regina Elena, è "cercare una comunicazione e un feeling con il proprio medico, che deve sapere cosa il paziente assume, come si comporta, quali effetti collaterali presenta. La medicina narrativa può costituire una grande facilitazione nel ridurre le distanze tra oncologo e malato".
Quanto al supporto psicologico, è fondamentale non solo perché chi sta meglio reagisce meglio alle cure, ma perché la psiche mette in circolo sostanze che agiscono nell'organismo. "Ad esempio il paziente depresso ha minore attività di linfociti, che difendono l'organismo dai patogeni esterni. Nel paziente stressato c'è maggior rilascio di cortisolo, ormone che provoca calo di difese immunitarie", spiega Bonucci. Importantissima è, infine, l'alimentazione come terapia complementare, sottolinea Fabi "perché gli alimenti interagiscono con la malattia.
Quello che mangiamo modifica i batteri della nostra flora intestinale e questi organismi a loro volta hanno una funzione nell'essere pro o anti cancerogenici. Ma non basta un nutrizionista generico. L'oncologo deve indirizzare il paziente verso uno specialista o una struttura di riferimento".
La nutrizione in oncologia, infatti, è un complesso gioco di equilibri. Non è tanto collegata alle calorie, sottolinea Bonucci, "quanto agli elementi presenti in ogni alimento, poiché alcuni vanno a stimolare i fattori di crescita, che sono anche fattori infiammatori, come il Gf-One. Come il diabetico non deve mangiare lo zucchero perché aumenta la glicemia, così i pazienti oncologici non dovrebbero mangiare alimenti che stimolano l'infiammazione, come latte e latticini, la carne, le farine raffinate e gli zuccheri".
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