Necessaria per curare i tumori, la chemioterapia può avere effetti molto negativi sul cuore, al punto che un paziente su tre muore non di cancro ma a causa delle terapie oncologiche. In uno studio apparso sul Journal of the American College of Cardiology che ha analizzato le cause di decesso in 1807 pazienti sopravvissuti al cancro, è stato evidenziato che, a distanza di 7 anni, il 33% muore per disturbi cardiaci e il 51% per la malattia per la quale era in cura, cioè di tumore. Un problema che aumenta in presenza di cardiopatie silenti. "Spesso - sottolinea Nicola Maurea, direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell'Irccs Pascale - mentre si è concentrati a eliminare il cancro, questi problemi non sono riconosciuti, o non vengono adeguatamente trattati". Tutto ciò si potrebbe evitare se al momento della diagnosi si venisse presi in carico da una struttura cardioncologica, per individuare e trattare fattori di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, ma anche cardiopatia ischemica, aritmie, problemi tromboembolici. Inoltre, il paziente dovrebbe essere seguito da un team cardio-oncologico non solo durante il corso della malattia, ma anche per anni dopo la fine della chemio. Nella prevenzione cardioncologica entra a buon diritto anche l'alimentazione, "fondamentale per contrastare gli effetti cardiotossici di chemioterapia e cure biologiche", spiega Michelino De Laurentiis, direttore della UOC di Oncologia Clinica Sperimentale del Pascale. Senza dimenticare l'attività fisica, conclude, "che gioca un ruolo fondamentale".
Di questo fenomeno ancora sottovalutato e dei successi ottenuti nella lotta alla cosiddetta 'cardiotossicità' dei farmaci antitumorali, si parlerà dal 21 al 23 febbraio a un congresso internazionale ospitato preso l'Istituto Nazionale Tumori G.Pascale di Napoli, dal titolo "Pathophysiology and Management of Cardivascular Complications in Oncology".
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