La terapia 'chemio-free', con l'aggiunta della molecola abiraterone al trattamento ormonale standard si conferma efficace nel mantenere stabile la malattia, e quindi allungare la sopravvivenza, dei pazienti con tumore alla prostata metastatico alla diagnosi e ad alto rischio, con più del 50% dei pazienti ancora in vita a 41 mesi di follow up.
Lo confermano gli ultimi dati dello studio di fase 3 LATITUDE, effettuato su 1.200 uomini e presentati al congresso dell'American Society of clinical oncology (Asco). Lo studio ha mostrato che abiraterone ha diminuito il rischio di morte del 36%. "Questi dati – commenta Giuseppe Procopio, Responsabile Unità Oncologia medica genitourinaria dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano – delineano un cambio di paradigma per il trattamento di uno dei tumori alla prostata più aggressivi.
Questo per due ragioni: per gli uomini che ricevono una diagnosi di cancro alla prostata in fase avanzata rappresenta un'evoluzione, un nuovo efficace approccio. Il risultato terapeutico che abbiamo osservato in questo studio, dato dall'uso precoce di abiraterone, è comparabile a quello della chemioterapia. La differenza è che abiraterone è un farmaco orale e molto ben tollerato. Buona notizia per questi pazienti, poiché - sottolinea - significa vivere più a lungo con un ridotto impatto di effetti collaterali e una miglior qualità della vita".
Seconda cosa, ma non meno importante, prosegue, è che "non avevamo mai avuto dei dati di così lungo follow up per una terapia ormonale orale alternativa alla chemio. Tali risultati di efficacia ci aprono delle prospettive di cronicizzazione della malattia". Infatti, conclude l'esperto, "fino a qualche anno fa sembrava impossibile, invece oggi l'orizzonte è quello di cronicizzare una malattia come il tumore della prostata".
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