(ANSA) - "Per donare il sangue non bisogna essere dei supereroi, ma semplicemente persone di buona volontà in buona salute. Donare è una soddisfazione, hai la sensazione di aver fatto per qualcuno qualcosa che non eri obbligato a fare. Ti costa una mezz'ora del tuo tempo e sei consapevole che è un gesto che serve, che del sangue se ne farà buon uso".
Parola di Carlo Mantelli, 73 anni, donatore per 30, che ha superato il traguardo delle 100 donazioni (che non è un record, ma comunque una tappa importante) nel 2000-2001 prima di lasciare perché è intervenuto un piccolo problema di salute. Carlo, legato ad Avis Torino (dove ha cominciato nella sezione della Fiat incentivato dai colleghi nel 1969-1970) e che è stato tra i testimonial di una campagna Avis, ora si occupa di sensibilizzare i ragazzi nelle scuole, in particolare quelle Superiori, a donare il sangue. Dall'Australia rimbalza la storia delle donazioni di sangue di James Harrison, per 60 anni tutte le settimane e con la particolarità di aver salvato con alcuni anticorpi specifici nel sangue 2,4 milioni di bambini: nel Paese l'uomo è considerato una sorta di eroe, pur non sentendosi così, ed è questo che ad esempio lo accomuna proprio a Carlo, che sostiene di "non aver mai sentito nessuno vantarsi e dire di essere un donatore".
Carlo ha preso spunto, oltre che dai colleghi, anche dalla sua storia personale per iniziare il suo percorso: in particolare gli è rimasto impresso il gesto del padre, che quando la mamma è stata male (ha subito un'operazione per una valvola mitralica) ha donato il sangue perché potesse riceverlo anche la moglie. Ora ha spinto anche il figlio a donare e cerca di stimolare a farlo anche gli altri ragazzi. "Pure superata la centesima donazione - assicura - hai una sensazione positiva. Lo fai volentieri perché speri serva ad alleviare la malattia di un bimbo o un anziano".
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