In Europa quasi la metà dei fumatori ha perso il vizio tra il 1980 e il 2010: esattamente il 43% di 50 mila fumatori europei tra i 16 e i 60 anni.
È la buona notizia che arriva da uno studio europeo che vede coinvolta anche l'Università degli Studi di Verona. La ricerca ha coinvolto i fumatori di 17 paesi europei ed è stata pubblicata sulla rivista PLOS ONE. Lo studio rientra nell'ambito del progetto Alec, Ageing lungs in european cohorts, coordinato dall'Imperial College di Londra ed è finanziato dall'Unione europea attraverso il bando Horizon 2020. "I nostri risultati - spiegano i ricercatori dell'ateneo scaligero coordinati da Simone Accordini - indicano che in Europa c'è una consapevolezza crescente degli effetti nocivi del fumo, soprattutto in gravidanza. Infatti, la maggior parte delle donne smette di fumare attorno ai 30 anni, probabilmente in seguito alla prima gravidanza: 50 fumatrici su 1000 smettono ogni anno in Europa meridionale e 80 su 1000 in Nord Europa, e l'età in cui si smette tende a coincidere con l'età media della prima gravidanza nelle diverse regioni europee considerate (26-27 anni in Est Europa, 30-31 in Europa del Sud). Questo indica che proteggere il bambino durante la gravidanza è la motivazione più forte nella decisione di smettere di fumare per le donne".
Gli europei del Sud, però, restano meno consapevoli sui danni del fumo: in Scandinavia e Regno unito, ogni anno, 50 su 1000 fumatori smettono di fumare mentre in paesi quali Italia, Spagna, Portogallo, e dell'Est e dell'Ovest Europa, sono solo 30 su 1000 a dire addio alle bionde. "Serve, quindi - commenta Alessandro Marcon, tra gli autori dello studio - mettere in atto politiche più efficaci per ridurre ulteriormente il numero di fumatori in Italia e nel Sud Europa. Occorre inoltre aumentare gli sforzi per diminuire l'accesso al fumo nei più giovani, visto che, da quanto emerge dalle nostre ricerche, iniziare a fumare durante la prima adolescenza porta a una dipendenza più forte".
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