E' attesa a breve negli Stati Uniti, probabilmente il 19 o il 20 settembre, l'autorizzazione alla sperimentazione clinica dell'utero artificiale, un dispositivo progettato per evitare morti e disabilità legati alle nascite premature. Le prime tecnologie sono state sperimentate per anni sugli animali e ora, scrive la rivista Nature sul suo sito, una commissione dell'Agenzia americana per il controllo sui farmaci, la Fda, è chiamata a esprimersi per dare eventualmente il via libera alla sperimentazione sull'uomo.
La nascita pretermine, ossia prima dalla 28esima settimana di gestazione, è la principale causa di morte e disabilità nei bambini sotto i cinque anni, in particolare a causa di un mancato completo sviluppo di polmoni o cervello, gli ultimi organi a maturare. Ad oggi il principale strumento di supporto ai nati pretermine sono i cosiddetti ventilatori che, all'interno di speciali incubatori, permettono di ossigenare il sangue e continuare a mantenere almeno una parte del liquido all'interno dei polmoni, necessario al corretto sviluppo delle complesse strutture interne.
Una soluzione innovativa potrebbe ora arrivare dal'utero artificiale, come il sistema chiamato Chop e presentato nel 2017 dopo una sperimentazione condotta sugli agnelli: una sorta di contenitore in plastica all'interno del quale sono riprodotte alcune caratteristiche dell'utero e in grado di ossigenare il sangue connettendo chirurgicamente (con non poche difficoltà) i vasi sanguigni del cordone ombelicale a un circuito esterno.
Il 19 e 20 settembre, una commissione della Fda potrebbe dare il via libera alle prime sperimentazioni umane, una scelta che potrebbe aprire a una rivoluzione nella gestione dei nati prematuri, ma che apre anche a molte considerazioni etiche. Le prime notizie su Chop, per esempio, avevano portato alcuni giornali a ipotizzare un futuro con uteri artificiali in sostituzione della gravidanza naturale, preoccupazioni che però su Nature vengono sminuite: è un'idea "così lontana nel futuro che in relazione alle tecnologie attuali non ha senso discuterne", ha commentato la neonatologa e eticista Kelly Werner, dell'Università Columbia a New York. Piuttosto, la vera questione affermano altri ricercatori sentiti da Nature, è determinare il reale rapporti fra i costie i benefici.
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