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Il telescopio Webb cattura la fusione tra quasar e galassie

Il telescopio Webb cattura la fusione tra quasar e galassie

Lo studio internazionale guidato dall'Inaf

08 luglio 2024, 09:43

di Elisa Buson

ANSACheck
Rappresentazione artistica di un quasar (fonte: Nasa) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rappresentazione artistica di un quasar (fonte: Nasa) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nuove informazioni sulla crescita delle galassie nell'universo primordiale sono state ottenute osservando la drammatica interazione tra un lontanissimo quasar e due galassie satelliti massicce nell’universo lontano, a meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang. Il risultato è stato ottenuto grazie al telescopio spaziale James Webb (delle agenzie spaziali di Europa, Stati Uniti e Canada) da un team internazionale di ricerca guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica. Lo studio, in via di pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics, è stato presentato a Padova, al meeting della Società astronomica europea.

“Grazie alla sensibilità del James Webb Space Telescope nel vicino e medio infrarosso, è stato possibile studiare lo spettro del quasar e delle galassie compagne con una precisione senza precedenti nell’universo lontano", afferma l'astrofisica Federica Loiacono, assegnista di ricerca in forze all’Inaf di Bologna. Grazie allo spettrografo nel vicino infrarosso NIRSpec, "possiamo per la prima volta studiare, nel sistema PJ308-21, la banda ottica ricca di preziosi dati diagnostici sulle proprietà del gas vicino al buco nero nella galassia che ospita il quasar e nelle galassie circostanti. Possiamo vedere, per esempio, l'emissione degli atomi di idrogeno e confrontarla con quella degli elementi chimici prodotti dalle stelle, per stabilire quanto sia ricco di metalli il gas nelle galassie".

Lo studio ha permesso di determinare la massa del buco nero supermassiccio al centro del sistema (pari a circa 2 miliardi di masse solari) e di confermare che sia il quasar che le galassie circostanti sono altamente evoluti, in termini di massa e di arricchimento metallico, e in costante crescita.

"Il nostro studio - spiega il primo autore Roberto Decarli, ricercatore presso l’Inaf di Bologna - rivela che sia i buchi neri al centro di quasar ad alto redshift, sia le galassie che li ospitano, attraversano una crescita estremamente efficiente e tumultuosa già nel primo miliardo di anni di storia cosmica, coadiuvata dal ricco ambiente galattico in cui queste sorgenti si formano". I dati sono stati ottenuti a settembre 2022 nell’ambito del Programma 1554, uno dei nove progetti a guida italiana del primo ciclo osservativo del telescopio James Webb. Decarli è alla guida di questo programma che ha l'obiettivo di osservare proprio la fusione fra la galassia che ospita il quasar (PJ308-21) e due sue galassie satelliti.

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