ROMA - C'è movimento di denaro intorno all'ultimo maxi attacco hacker globale, partito la settimana scorsa dall'Ucraina, e attribuito ad un virus battezzato da alcuni ricercatori NotPetya o ExPetr. Il sito Motherboard ha scovato in rete una richiesta di riscatto di 250 mila dollari da parte di un gruppo hacker che promette di rilasciare la chiave per sbloccare tutti i dati bloccati dal virus.
Non è chiaro se questo gruppo sia però realmente quello responsabile del cyberattacco. Per alcuni ricercatori potrebbe trattarsi solo di un tentativo di depistaggio. Il sito Motherboard ha rilevato però un altro segnale di movimento attribuibile agli autori dell'aggressione: i Bitcoin inviati agli hacker dalle vittime del virus, circa 10 mila dollari, sono stati prelevati da un portafogli elettronico online e spostati altrove.
Da WannaCry a NotPetya, gli attacchi informatici sferrati con virus "ransomware", quelli che bloccano i dati per poi chiedere un riscatto con la promessa di sblocco, fanno molti danni.
Eppure, secondo l'ultimo rapporto della società AV-Test, questa tipologia di virus rappresenta soltanto l'1% dei software dannosi rilevati nel 2016 e aventi come obiettivo sistemi Windows. Complessivamente, secondo i ricercatori, nel 2016 i virus sono diminuiti e quelli "tradizionali" ancora fanno la parte del leone rispetto ai ransomware. Apple sempre più nel mirino: nei primi quattro mesi del 2017 i malware per i Mac sono raddoppiati.
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