Il Covid ha segnato in Italia uno
spartiacque da cui non si torna più indietro sui pagamenti
elettronici e il nostro Paese, fra gli ultimi in Europa, sta
risalendo poco a poco la china. E mentre il governo pensa ad
alzare il tetto al contante, il presidente dell'Abi Antonio
Patuelli chiede che vi sia una discussione e una norma europea
sul tema. Nel primo semestre 2022 quindi la crescita dei
pagamenti digitali vista nel 2021 è proseguita mettendo a segno
un +22% grazie al balzo di contactless (+49%) e smartphone o
bracciali (+139%) sopra la media dell'area euro. Sembra quindi
che stiano cambiando alcune delle abitudini consuete legate
molto, come si legge in un paper della Banca d'Italia, al grado
di conoscenza informatica, all'età e alla posizione geografica,
più che a questioni meramente fiscali. Certo quello che non
difetta all'Italia sono gli strumenti: le carte sono in misura
abbondante nei portafogli dei clienti e la diffusione dei pos
addirittura è sopra la media.
La tecnologia inoltre apre nuovi spazi e ne fa chiudere
altri, quelli fisici delle filiali visto il ricorso sempre più
massiccio all'home banking. Dai dati Abi nel 2021 ci sono state
1,21 visite medie mensili in agenzia contro 1,71 del 2008 e da
allora gli sportelli sono calati del 36% a 21.650 (nel 2022 il
calo è proseguito). La banca però appunto mantiene i contatti
con i clienti tramite gli atm 'evoluti', le app, l'online e il
telefono. Non a caso gli investimenti del settore in sicurezza
informatica stanno crescendo e cresceranno anche nei prossimi
mesi. Per questo ci deve essere una spinta europea" che arriverà
con l'Euro digitale della Bce che comunque non escluderà le
banche commerciali e il loro ruolo di intermediazione. Per l'Abi
dovrà essere infatti "uno strumento funzionalmente diverso da
uno strumento di pagamento elettronico" per integrare e non
competere con le banche e le loro iniziative portando però
vantaggi concreti anche ai clienti. Il contatto con i clienti,
mantenuto strenuamente durante i lockdown, sarà necessario anche
per i prossimi mesi specie per le imprese che devono fare i
conti con il rallentamento dell'economia e il caro energia.
Per i prossimi mesi, ha sintetizzato Patuelli, "ho l'animo
preoccupato per diversi ragioni" come il "calo della produzione
industriale in corso" a fronte di un Pil tenuto su da turismo e
servizi e per il rialzo dei tassi che, seppure aumenta "i ricavi
nell'immediato", "non è una festa per gli istituti di credito".
Le banche faranno la loro parte e cercheranno di evotare il
credit crunch, ha spiegato. Il comparto del credito si è
"rafforzato patrimonialmente" e ha beneficiato dell'aumento dei
tassi che ora però "avranno effetti nefasti" con un
appesantimento dei costi per la clientela e un aumento del costo
della raccolta delle banche. "Abbiamo più utili ma non sono
ricchezza a prescindere perchè dovremo effettuare maggiori
accantonamenti" per fare fronte alle rettifiche che sono in
arrivo. Non a caso la Bce e la Banca d'Italia da diverse
settimane stanno invitando alla prudenza il comparto con una
insistenza che ha provocato delle reazioni da parte di alcuni
vertici di grandi gruppi europei anche sulla richiesta della
vigilanza di partecipare ai cda. Una partecipazione che Patuelli
sconsiglia alla Bce perchè se i consigli "ponessero in essere
provvedimenti che non fossero consoni e che non fossero
combattuti in tempo reale con ogni energia e segnalati da
rappresentanti Bce renderebbe qualche problema alla Bce
medesima". Di fronte a uno scenario più complesso quindi, le
banche italiane insistono per un provvedimento a livello europeo
di moratoria per le imprese, non contenuto nell'ultimo pacchetto
di misure. Come ha ricordato il dg dell'Abi, Giovanni Sabatini,
"la ricetta è più complessa rispetto alla crisi Covid, non serve
solo liquidità ma sostenibilità del debito per le aziende" e
quindi occorre "allungare le scadenze".
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