ROMA - "Abbiamo registrato un'impennata delle fake-news nel periodo delle presidenziali americane, stiamo cercando di portare in Europa e in Italia il nostro strumento Hoaxy per tracciare le bufale online e vogliamo che diventi accessibile a tutti, 'open source'. Stiamo facendo del nostro meglio, speriamo accada entro qualche mese". A parlare è Filippo Menczer, italiano, professore di Informatica e Computer Science all'Università dell'Indiana, negli Stati Uniti. Menczer, di origine romana e residente negli Usa dal 1991, è a capo di un gruppo di lavoro che si occupa di social media e informazione di cui fanno parte altri due italiani, Alessandro Flammini (romano, in Usa dal 2004) e Giovanni Luca Ciampaglia (romano, in Usa dal 2013).
Hanno creato Hoaxy un motore di ricerca che traccia la diffusione delle 'fake news' su Internet. Il loro obiettivo non è stabilire se una notizia sia vera o falsa ma analizzarne l'andamento sui social network. "Ci occupiamo di diffusione di informazione e disinformazione online dal 2010 - spiega all'ANSA Menczer - costruiamo modelli per capire i meccanismi virali di alcune notizie, come si sono sviluppate, quali sono i profili che le hanno promosse. Non siamo ne' giornalisti ne' fact-checker che verificano, ma aiutiamo il pubblico e i media a capire le notizie false, siamo uno dei tanti strumenti nell'arsenale". Per consultare Hoaxy basta inserire una parola chiave e si ottengono gli articoli sul tema, pubblicati da oltre cento siti di bufale americani, riconosciuti come tali da alcune piattaforme di 'debunking', quelle cioè che smontano le notizie.
"Nel 2014, durante Ebola, abbiamo osservato siti che diffondevano notizie false creando panico, poi è accaduto con i vaccini - racconta Menczer -. Prima i siti che diffondevano bufale erano pochi e più semplici, poi c'è stata impennata durante le presidenziali americane. E' un'industria che riesce a influenzare molte persone, anche i media e i politici". Hoaxy è un sito disponibile da dicembre scorso e punta a espandersi e a sbarcare in Europa nei prossimi mesi. "Siamo in contatto con fact-checker europei per creare una versione in altre lingue oltre all'inglese, stiamo lavorando per rendere il codice aperto, 'open source' e sviluppare anche una versione per l'Italia", osserva Menczer.
La tempistica è in linea con altri big della tecnologia come Facebook che, dopo essere stata nel mirino in Usa per la diffusione di fake news durante la campagna presidenziale, è scesa in campo con filtri anti-bufale 'ad hoc' che sta estendendo in Germania e Francia in vista delle elezioni. "Abbiamo contatti con Facebook, siamo entrambi membri di First Draft (un'alleanza tra testate e agenzie giornalistiche mondiali, ndr) ma non abbiamo una collaborazione ufficiale. Cercheremo di creare opportunità formali nel corso di una convention sul tema che si terrà a maggio a Montreal", sottolinea il ricercatore che aggiunge:
"Spero che in Germania il fact-checking di Facebook funzioni, è un buon primo passo, ma rimane un problema: viene fatto in maniera 'manuale' e non si possono controllare tutte le fake news, magari quelle più grosse. Le bufale in rete sono tante e c'è un limite umano, noi invece puntiamo su metodi automatici".
In Italia, sulle fake news, si è aperto un dibattito politico con l'iniziativa #BastaBufale della presidente della Camera Laura Boldrini e c'è un ddl alla Camera che prevede anche multe e carcere per chi le diffonde. "Temo che l'implementazione sarà difficile perche' non e' banale distinguere 'notizie false, esagerate o tendenziose', c'e' un'enorme area grigia - rileva Menczer dal suo 'osservatorio' -. Non mi e' poi chiaro se sarebbero puniti anche i cittadini che, per esempio, credono ad una notizia falsa e la condividono su Twitter o Facebook. Certamente qui negli Stati Uniti e' molto improbabile che iniziative di questo tipo possano prendere piede, dato che c'e' una grande deferenza al primo emendamento della Costituzione".
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