ROMA - Lo scandalo delle pubblicità mostrate su YouTube accanto a video che incitano all'odio potrebbe costare caro a Google. Il boicottaggio da parte degli inserzionisti, in fuga dalla piattaforma per non veder danneggiata l'immagine dei marchi, potrebbe infatti pesare sulle casse della compagnia per 750 milioni di dollari.
Una cifra ingente, sebbene rappresenti solo una minima parte delle entrate di Big G. L'interruzione degli spot di 250 marchi in Europa, Stati Uniti e Australia è stata presa in esame dagli analisti finanziari di Nomura Instinet, secondo cui i ricavi di YouTube nel 2017 dovrebbero essere inferiori del 7,5% rispetto a quanto atteso in precedenza, scendendo di 755 milioni da 10,2 a 9,5 miliardi di dollari.
Nel complesso l'incidente potrebbe però non farsi sentire troppo: Google ha riportato entrate pubblicitarie per 63 miliardi nel 2016, e nel 2017 dovrebbe superare i 72 miliardi. L'impatto economico, tuttavia, è anche in Borsa. Dall'esplosione dello scandalo, a metà marzo, il titolo di Alphabet, che è la casa madre di Google, ha perso quasi il 4%. Inoltre, stando al Financial Times, alcuni inserzionisti starebbero cercando di approfittare della situazione, chiedendo sconti a Google per gli spazi pubblicitari.
Per l'analista Brian Wieser di Pivotal Research, la vicenda avrà un impatto negativo dell'1% su Alphabet quest'anno e anche nel 2018, "supponendo che il problema sia risolto presto". Proprio per risolvere presto, la settimana scorsa Google è intervenuta in fretta e furia, annunciando maggiori controlli sui contenuti d'odio, offensivi e denigratori su YouTube e offrendo più strumenti agli inserzionisti per decidere il posizionamento degli spot.
L'intervento non ha però arrestato l'onda che dal Regno Unito agli Usa e all'Australia ha visto sempre più compagnie congelare le reclame su YouTube. Secondo il londinese Times, che per primo ha messo in luce il collocamento infelice degli spot accanto a contenuti inappropriati, sarebbero oltre 250 i brand in fuga dalla piattaforma, da L'Oreal a McDonalds e Coca-Cola, da Volkswagen e Renault a Verizon e AT&T, da Vodafone a Nestlé e Johnson & Johnson.
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