Tali grassi incriminati andrebbero assunti con ragionevolezza" perché la loro "assunzione eccessiva comporta ricadute metaboliche a prescindere dalla loro origine (vegetale o animale), in quanto "incrementa i livelli di colesterolo e i relativi rischi per la salute". Lo spiega Vito Leonardo Miniello, docente di Nutrizione pediatrica presso l'Università di Bari e vicepresidente nazionale della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) al termine del congresso nazionale 'Medieterranea' svoltosi a Bari.
"Al fine di contrastare la saga della disinformazione - precisa Miniello - è doveroso considerare che nel latte materno il 40% dei grassi totali è costituito da grassi saturi e tra questi il 50% è rappresentato da acido palmitico, particolarmente presente nell'oleina di palma. In caso di indisponibilità del latte materno è necessario ricorrere ai latti formulati, unica alternativa nutrizionalmente adeguata nel corso del primo anno di vita. Per i latti formulati vengono utilizzati oli tropicali al fine di assicurare una fondamentale quota calorica che solo gli acidi grassi garantiscono e di mimare un profilo lipidico simile a quello che si riscontra nei piccoli allattati al seno". L'utilizzo dell'olio di palma nei latti formulati deve quindi tranquillizzare le mamma? "Certo! - ribatte Giuseppe Di Mauro, presidente Sipps - A fronte delle modeste quantità di olio di palma utilizzate nei latti artificiali per mutuare un adeguato apporto energetico, l'imputazione a carico degli oli tropicali andrebbe piuttosto indirizzata sul loro uso e abuso in epoche successive della vita, quando imperversano 'consigli per gli acquisti' su merendine farcite e patatine dorate, quando l'acquisto di uno snack non viene indotto dalla composizione espressa sul prodotto, ma condizionato dal gadget di turno".
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