I divieti di pesca in alcune aree fanno bene al mare e ai pescatori. Lo conferma uno studio scientifico pubblicato su Frontiers in Ecology and Environment, nel quale i ricercatori, attraverso la tecnologia satellitare Ais (Automatic Identification System), hanno analizzato i movimenti dei pescherecci prima e durante lo stop temporaneo dell'area della Fossa di Pomo avvenuta nel 2015.
Il risultato, fa sapere MedReAct, è che il divieto è stato rispettato dai pescatori che non hanno subito perdite economiche e non hanno aumentato lo sforzo di pesca spostandosi al di fuori della zona; il ché dimostra anche che la chiusura di un'area marina alla pesca non rappresenta inevitabilmente un danno per il settore della pesca, ma anzi riesce a riorganizzare la propria attività consentendo alle zone più sensibili del mare di ripopolarsi. La ricerca dimostra anche che i dati Ais sono un valido strumento per monitorare le attività dei pescherecci, capire dove lo sforzo di pesca si sposta e si concentra maggiormente, consentendo di mettere in campo misure di gestione per evitare il rischio che la pesca aumenti in aree sensibili.
Nel 2017 la Fossa di Pomo è stata nuovamente chiusa alla pesca, attraverso l'istituzione di una Zona di Restrizione alla Pesca adottata dalla Commissione Generale per la pesca del Mediterraneo. "A un anno dalla chiusura - dichiara Domitilla Senni di MedReAct, coordinatrice dell'Adriatic Recovery Project - i pescatori croati e italiani hanno notato un miglioramento nella qualità delle catture intorno alla zona, a dimostrazione di come questa misura sia vincente per l'ambiente e per il settore; per questo soluzioni analoghe vanno adottate anche in Adriatico meridionale e nel resto del Mediterraneo".
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