ROMA - I pescatori artigianali generano meno del 30% dei redditi complessivi del settore, vivono nell'incertezza e sono più vulnerabili alle crisi impreviste come la pandemia Covid-19 che ha segnato in maniera indelebile proprio questa parte del comparto. E' quanto emerge nel nuovo rapporto della Fao sullo Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero (SoMFi 2020). L'attività ittica su piccola scala, infatti, pur essendo la principale attività nelle due aree analizzate avendo l'83% dei pescherecci e il 57% di posti di lavoro, concorre soltanto per il 15% al totale delle catture.
Una vulnerabilità che, secondo il rapporto, impone maggiori aiuti statali e di uno schema di protezione sociale più efficace che preveda anche l'accesso a un'assicurazione di disoccupazione.
La Fao mette in evidenza anche il rapido invecchiamento della pesca: quasi la metà dei lavoratori ha più di 40 anni e soltanto il 17% ha meno di 25 anni; una situazione che richiede misure proattive per garantire l'esistenza di una forza lavoro qualificata in futuro. Grande attenzione alla resilienza del settore alla luce delle crescenti pressioni sull'ambiente marino causate dai cambiamenti climatici e dalle attività antropiche, segnala infine il rapporto che vuole essere un valido strumento per orientare l'azione verso un futuro sostenibile.
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