Riflettori puntati sugli allevamenti
intensivi di pesce con il film-denuncia 'Until the End of the
World' del regista e giornalista Francesco De Augustinis che
sarà presentato il 15 febbraio al Maxxi - Museo nazionale delle
arti del XXI secolo di Roma. Un comparto che, secondo gli autori
dell'evento, metterebbe a rischio sostenibilità ambientale,
sicurezza alimentare e sfruttamento delle risorse, "andando ad
inquinare paradisi naturali e distruggendo piccole economie
locali in varie parti del mondo".
Tre anni di lavori per realizzare un vero e proprio viaggio
che racconta la crescita rapidissima degli allevamenti di
salmoni, spigole, orate, gamberi, trote e tonni, in diverse
regioni del mondo. Basti pensare che nel 2021 la produzione del
pesce allevato ha superato la pesca, si parla tra i 40 e i 120
miliardi di pesci.
Sotto la lente del regista l'acquacoltura intensiva,
considerata la nuova frontiera per contrastare l'insicurezza
alimentare, significativa anche in termini di profitto. È,
infatti, il risultato di una precisa strategia delle Nazioni
Unite per aumentare la produzione globale di cibo con un
maggiore ricorso alle risorse marine, attirando di conseguenze
enormi investimenti. Una crescita che, come il film mostra, ha
molti effetti collaterali. Partendo dagli allevamenti di spigole
e orate nel Mediterraneo, in Italia, Grecia e Spagna, il
documentario "mostra l'inquinamento di paradisi naturali, la
distruzione di piccole economie locali e la paradossale
concorrenza di questa industria con i mezzi di sostentamento di
intere comunità, anche in aree vulnerabili del Pianeta",
riferiscono gli autori. E il quadro che emerge, sottolineano
"ricorda una certa forma di 'colonialismo' ", con il
documentario "che mostra come questa industria dipenda dalla
cattura di risorse naturali, che siano porzioni di mare da
trasformare in aree produttive o enormi quantità di pesci da
trasformare in mangimi".
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