Su un totale di 3,3 milioni di
occupati irregolari in Italia, 220 mila possono essere
ricondotti alle attività agricole, della silvicoltura e della
pesca. E' uno dei dati che emerge dal focus Censis reso noto in
occasione dell'assemblea della cooperazione agroalimentare e
della pesca. In agricoltura la quota di sommerso raggiunge il
16,9% e tende a crescere nell'ultimo periodo, con +0,5% tra il
2014 e il 2017, così come accade nella produzione di beni
alimentari e di consumo con +0,4%. Un fenomeno dalle grandi
dimensioni assolute e relative, ma pericoloso soprattutto per la
forte concorrenza sleale che esercita nei confronti
dell'occupazione regolare del comparto. "È impensabile competere
nello stesso mercato con regole diverse", ha detto il presidente
Giorgio Mercuri rispetto al lavoro nero e al sommerso, "dove da
un lato ci sono tante aziende che rispettano le regole e
dall'altro chi non lo fa".
In tutti i segmenti della produzione agroalimentare, spiega
il Censis, i tassi di crescita del lavoro irregolare riflettono
il degrado che può portare la diffusione di condizioni
lavorative non protette. Significativo è anche il gap salariale
tra lavoratori regolari e irregolari. Secondo le ultime analisi
del Mef del 2016 in agricoltura il salario orario regolare è
pari a 10 euro, mentre quello corrisposto in media a un
lavoratore dipendente irregolare è inferiore di poco meno di 4
euro. (ANSA)
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