(di Clemente Angotti)
Castrovillari, Saracena e il
Pollino terra di tartufi e tartufai. Sono ormai più di
venticinque anni che nelle due città e negli altri comuni posti
ai piedi del massiccio calabro-lucano, è attiva la raccolta dei
pregiati tuberi. Una pratica (che riguarda anche altre zone
della regione come le Serre e la Sila), iniziata quasi per caso,
come semplice hobby, e che, in alcuni casi, superata una prima
fase caratterizzata da estrema confusione, si è trasformata in
occasione di reddito e di lavoro con la presenza ormai di
autentici "trifolau", cercatori esperti come ce ne sono in altre
regioni più vocate del Paese.
Le varietà che è possibile reperire, in diversi periodi
dell'anno, nella zona del Pollino, a dimostrazione della
ricchezza della biodiversità del territorio, sono diverse: si va
dal Tuber mesentericum (tartufo nero) e Tuber magnatum (tartufo
bianco pregiato) ma non mancano anche i Tuber aestivum (tartufo
estivo o scorzone), Tuber aestivum (uncinato), Tuber brumale (
tartufo nero d'inverno). Tutti prodotti della terra che, oltre
ad essere apprezzati e venduti ai consumatori, si caratterizzano
come autentiche eccellenze gastronomiche in grado anche di
arricchire e rendere sempre più variegati i menu di molti
ristoranti di alta cucina regionale.
Da tempo le peculiarità del fungo ipogeo, tipico della zona
del massiccio che segna i confini nord della regione (Saracena,
unica in Calabria, fa parte a pieno titolo dell'Associazione
Città del tartufo), sono oggetto di una ricerca avviata in
tandem dall'Istituto di Bioscienze e Biorisorse della sede di
Perugia del Cnr e dai divulgatori agricoli del Ceda di
Castrovillari dell'Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo
(Arsac). Al centro degli sforzi scientifici, c'è l'acquisizione,
attraverso analisi, procedure e protocolli dedicati, del maggior
numero di elementi utili a definire il Dna di queste specie
locali. Un lavoro sostenuto dal Comune di Castrovillari che,
come ha spiegato di recente il sindaco, Domenico Lo Polito, nel
corso di un incontro dedicato al tema, punta a definire una
"carta d'identità" dell'ecotipo autoctono del pregiato fungo
ipogeo. Tesi fatta propria anche dal presidente del Parco
nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra che ha espresso la
volontà di proseguire nello studio con la firma di una
convenzione da parte dell'Ente e lo stanziamento di fondi.
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