Un esempio di economia locale che
da produzione agricola si evolve in industria manifatturiera
basata sul lavoro delle donne, di cui ripercorre le conquiste
sindacali e sociali con foto e testimonianze. È il percorso
della mostra La Manifattura Tabacchi di Chiaravalle: la
fabbrica, il territorio, le sigaraie, in corso fino al 19
maggio nel porticato della Facoltà di Economia 'Giorgio Fuà' di
Ancona.
L'esposizione, voluta da Roberto Giulianelli, docente di
Storia Economica di Univpm, e dal preside Stefano Staffolani, è
organizzata da Università Politecnica delle Marche, Archivio di
Stato, Cisl e dal sindacato dei pensionati Fnp Cisl e ripercorre
con 11 pannelli e una bacheca di documenti la storia del celebre
tabacchificio tuttora attivo nel territorio marchigiano.
Nata grazie ad un editto del 1757 di papa Benedetto XIV, che,
rinunciando al controllo sui tabacchi, consentiva ai privati di
coltivarli, lavorarli e commerciarli, la manifattura ha
intrecciato la sua storia con quella dell'Italia, dal primo
mulino installato nella Vallesina per la coltivazione del
tabacco alla realtà di un'industria che già nella seconda metà
dell'Ottocento e per tutto il Novecento, fino ai giorni nostri,
si è via via basata su criteri di produzione sempre più
meccanizzati e moderni. Il docente di Storia Economica
dell'Univpm Francesco Chiapparino ricorda che "era una fabbrica
in cui hanno lavorato a seconda dei periodi dalle 750 alle 1.000
unità, per i quattro quinti donne. Una particolarità non solo a
livello locale, dato che le Marche erano caratterizzate da
piccole imprese, ma anche a livello nazionale. In secondo luogo
anche la sua architettura manifesta precocemente con una
caratteristica forma a Y i segni di un'azienda moderna".
La manifattura disponeva inoltre di una Sala Materna dove le
sigaraie potevano allattare o far dormire i propri figli,
esempio da un lato di precoce welfare aziendale, dall'altro di
produttivismo estremo, perché in quel modo s'impediva che le
dipendenti tornassero a casa, rallentando i ritmi di lavoro. In
ogni caso rispetto alle colleghe di altri settori si richiedeva
loro la quinta elementare e le si pagava di più poiché il loro
era considerato un lavoro qualificato, determinando anche un
cambiamento nei rapporti familiari e sociali.
Per Barbara Montesi dell'Università Carlo Bo di Urbino, "la
prima classe operaia in Italia è fatta da ragazzine (cioè donne
non sposate ndr) e il proletariato è donna". Tra il 2002 e il
2003, quando la Manifattura Tabacchi è passata in mani private,
l'Archivio di Stato è entrato in possesso di 70 metri lineari di
documenti, tra cui quelli scampati alla Seconda Guerra Mondiale.
In particolare, i fascicoli del personale hanno permesso di
ricostruire, assieme ad altre testimonianze, oltre 250 anni di
storia, che con la mostra vengono consegnati agli studenti
dell'Ateneo.
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