Negli Stati Uniti sono una coppia da anni e da dieci sono diventate entrambe madri, con la fecondazione eterologa da donatore anonimo. Poco dopo le nascite di una bimba e di un bimbo, ciascuna ha ottenuto l'adozione del figlio dell'altra, con sentenze di tribunali americani che hanno attribuito ad entrambe le madri le responsabilità genitoriali. Dal 2013 ad una di loro, insegnante universitaria, è stata attestata la cittadinanza italiana per discendenza: ha preso quindi la residenza a Bologna dove il nucleo si è trasferito e ora chiede al tribunale dei Minori dell'Emilia-Romagna che venga riconosciuta anche in Italia l'adozione della figlia della moglie, come sancita dal Tribunale statunitense. Dal 2013, infatti, le due donne sono sposate negli States, in precedenza erano legate da una 'domestic partnership', un'unione civile. L'istruttoria al tribunale dei Minori si è conclusa e si sta attendendo la decisione del collegio dei giudici, con il parere negativo e già depositato della Procura, dove si sottolinea come un accoglimento sarebbe contrario alla legge italiana.
Nel ricorso presentato dall' avvocato Claudio Pezzi, che assiste la donna - richiamandosi ai principi della Convenzione di Strasburgo sui diritti umani e alla giurisprudenza europea formatasi attorno ad essi - si fa notare come la domanda, "che è espressa anche nell'interesse della minore, si fonda sull'esigenza di tutelare il diritto alla vita familiare della figlia, che dalla nascita vive una situazione caratterizzata dalla stabilità di relazioni affettive familiari in un rapporto di filiazione con entrambe le madri (la madre biologica e la madre adottiva) e nella relazione con il fratello, di pochi mesi più giovane". Il bambino si è visto attribuire nel frattempo la cittadinanza italiana per discendenza dalla madre cittadino, mentre l'altra madre e la figlia godono di permesso di soggiorno europeo concesso nel 2013 dalla questura di Bologna per ragioni familiari, in virtù dell'accertamento di un valido nucleo familiare costituito all'estero. Il ricorso fa notare "il grave ed oggettivo vulnus" per la minore, che deriverebbe dal mancato riconoscimento dell'adozione. In questa ipotesi, infatti, la bambina si vedrebbe privata "del riconoscimento di un legame di filiazione che è per lei tale fin dalla nascita e così anche nel rapporto con il fratello, che per lei è tale fin dalla nascita di quest'ultimo. Inoltre, si vedrebbe privata del diritto di cittadinanza italiana e europea che le deriva quale figlia di cittadina italiana, con tutto ciò che ne consegue sotto il profilo anche culturale e sociale, nonché giuridico", con riferimento ad esempio all'opportunità futura di studiare e lavorare in Europa, "peraltro creando un' incomprensibile discriminazione con il fratello". Il legale sottolinea poi come la domanda di adozione si qualifichi come "step parent adoption" o "second parent adoption", essendo in vita il genitore biologico del minore, il quale ha prestato il consenso nella procedura di adozione all' estero e lo ha riformulato nel ricorso italiano. In questa fattispecie, "non si recide il legame con il genitore biologico e non cessano le responsabilità genitoriali che vengono ad essere condivise con il genitore adottivo".
Presidente tribunale, nessun condizionamento - "Il caso varrà trattato con la consueta attenzione e celerità, senza farci condizionare da argomenti di natura diversa da quella giuridica e tentando di approntare la massima tutela dell'interesse dei minori coinvolti nella vicenda". Lo ha detto il presidente del tribunale per i Minorenni dell'Emilia-Romagna, Giuseppe Spadaro, contattato dall'ANSA sul ricorso di una donna gay, che chiede il riconoscimento in Italia di un'adozione sancita negli Stati Uniti. Il presidente è stato raggiunto telefonicamente fuori ufficio, dovrebbe rientrare a breve in servizio dopo un periodo di convalescenza.
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