Dopo quelli segnalati in Veneto, due nuovi casi di pazienti morti per infezione accertata da Micobatterio Chimera, il cosiddetto batterio killer, sono stati accertati in Emilia Romagna. Per altri due decessi sospetti sono in corso verifiche, mentre per circa 100 cartelle su 134, l'indagine deve partire. Il risultato è emerso dai controlli avviati dall'Emilia Romagna in seguito alla richiesta del Ministero della Salute che ha chiesto alle Regioni i dati su eventuali casi di infezione e sollecitato anche un approfondimento delle informazioni raccolte a partire dal 2016 dall'Istituto superiore di Sanità. E l'Ospedale Salus si difende: "legame con decessi da valutare".
"Siamo di fronte ad un evento raro, causato probabilmente da un lotto di macchinari prodotti dalla stessa azienda. L'allerta, naturalmente, da parte nostra è massima", ha affermato l'assessore per la salute dell'Emilia-Romagna, Sergio Venturi, annunciando l'avvio di un'indagine della Regione sul Micobatterio chimera. "Abbiamo due casi di decesso causato dall'infezione di quel batterio, avvenuti al Salus Hospital di Reggio Emilia, segnalati al ministero quest'estate", spiega Venturi. "Si tratta di eventi molto rari - aggiunge - che fanno pensare che tutto sia legato a un lotto particolare di macchinari prodotti dalla stessa azienda". Si tratta di macchine cuore-polmone che consentono la circolazione extracorporea durante particolari interventi di cardiochirurgia. La Regione sta preparando un'informativa che invierà a tutti i pazienti operati nelle cardiochirurgie che hanno richiesto l'utilizzo della macchina cuore-polmone. "Vogliamo informarli sulle infezioni e che qualora avvertissero quei sintomi per periodi prolungati si devono rivolgere al medico di base", sottolinea Venturi.
In Veneto una denuncia è stata presentata nei giorni scorsi dai parenti di Paolo Demo, un anestesista vicentino di 66 anni morto il 2 novembre scorso in seguito a un'infezione causata dal microbatterio Chimera. Secondo la famiglia del medico, a provocare il decesso sarebbe stato il batterio contratto durante un intervento chirurgico al cuore per la sostituzione della valvola aortica a cui Demo si era sottoposto nel 2016. La responsabilità, sostiene l'esposto, sarebbe da attribuire all'uso di un macchinario per la circolazione extracorporea in uso nelle sale operatorie di cardiochirurgia. L'azienda produttrice della strumentazione si è difesa sostenendo di aver già avvertito nel 2015 gli ospedali del problema, consigliando l'adozione di una accurata sanificazione. L'ospedale rende noto, invece, che "all'epoca dei fatti l'esistenza e la probabilità di esposizione al micobatterio tramite l'utilizzo di questi macchinari non poteva essere conosciuta in quanto la conoscenza di tale problematica è avvenuta per il mondo medico italiano successivamente ai fatti citati".
Anche alla luce dalla nota dell'Asl citata dal Salus e datata luglio 2018, l'ospedale ribadisce che "il presunto legame fra alcuni dei decessi e le infezioni tramite il macchinario di riscaldamento extracorporeo è attualmente ancora in fase di valutazione". Il sospetto dei familiari, anche sulla scorta di un memoriale lasciato da Demo, resta che l'ospedale, pur sapendo del rischio connesso all'utilizzo del macchinario, non abbia preso provvedimenti in tempo utile. "I rigorosi processi di sterilizzazione degli ambienti, del personale preposto per tutto il periodo di impiego dei macchinari e dei macchinari stessi in uso nelle sale operatorie di Salus Hospital sono sempre stati eseguiti con estrema accuratezza di tutti i protocolli previsti. E tutti i certificati di analisi sono sempre risultati negativi" al batterio, spiega ancora il presidio.
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