Non sono mai esistiti, in Europa, serbatoi del batterio della peste. Ma 'Yersinia pestis' arrivò, probabilmente, seguendo le rotte via mare e via terra, aperte man mano dai mercanti per far viaggiare le merci tra Asia e Europa. Portando, oltre alle merci, anche malattia e morte. E' un'ipotesi di lavoro, confermata dal progetto internazionale MedPlag, delle Università di Ferrara e di Oslo, che indaga i meccanismi di trasmissione della malattia, mettendo in campo ecologia, epidemiologia, genetica e ricerca storica.
Il team di ricercatori ha analizzato cinque nuovi genomi del batterio, studiando ceppi ritrovati in altrettanti scheletri provenienti da quattro diversi siti archeologici: Bergen op Zoom nei Paesi Bassi, Saint-Laurent-de-la-Cabrerisse in Francia, Abbadia San Salvatore in Italia, Oslo in Norvegia, luoghi notoriamente colpiti dalla peste e che risultano, da fonti storiche, collegati con le rotte dei mercanti da Oriente.
"E' noto da tempo che la 'Terra delle Tenebre' era in passato messa in relazione alla peste. Per la prima volta - spiega Barbara Bramanti, responsabile scientifica del progetto e docente dell'Università di Ferrara - abbiamo scoperto che i mercanti arabi del Trecento utilizzavano il termine 'Terra delle Tenebre' per indicare i luoghi da cui venivano importate le pellicce più pregiate, intendendo con ogni probabilità i luoghi al di là del Sarai, sul Volga, luogo reso noto dalle peste stessa. Questi mercanti, dunque, suggerivano implicitamente che la peste fosse associata alle rotte di pellicce medievali".
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