È stata la Guerra dei Trent'anni il motore che nel '600 ha diffuso la pandemia di peste in Europa. Lo indica l'analisi del Dna delle vittime di quel periodo, analizzato nella ricerca a guida italiana pubblicata sulla rivista dell'Accademia americana delle Scienze, Pnas. Lo studio è stato condotto da biologi molecolari e microbiologi del gruppo dell'Università di Ferrara coordinato da Barbara Bramanti, in collaborazione con Nils Chr. Stenseth, del Centre for Ecological and Evolutionary Synthesis dell'Università di Oslo e altri gruppi di ricerca di Europa e Stati Uniti.
Ricostruire la diffusione della peste in Eurasia è stato possibile nalizzando il Dna di alcune linee di Yersinia pestis, il batterio che causa la peste, estratto da scheletri risalenti a diverse epoche successive alla pandemia della peste nera.
"Abbiamo analizzato con le metodiche del Dna antico sette ceppi isolati da individui morti nel XIV e XVII secolo in Italia - spiega la docente dell'Ateneo ferrarese in una nota - Due da individui morti nel XVIII secolo, uno in Scandinavia e uno nella regione del Caucaso. Abbiamo quindi confrontato i nuovi genomi con quelli ricostruiti in precedenza e abbiamo interpretato la loro relazione filogenetica sullo sfondo dei dati storici che riguardano la peste nei periodi considerati", In base a tale analisi, prosegue, "i risultati genomici e storici suggeriscono che, anche dopo la peste nera del 1348, il ceppo responsabile delle infezioni approdò ripetutamente in Europa a partire da un serbatoio comune al confine con l'Europa Occidentale, situato in una zona vicino alla Cecenia".
Quindi, aggiunge Brambati, "in questo contesto, anche il cosiddetto 'ceppo alpino' del Seicento, presente anche in sei campioni del Nord Italia sequenziati dal gruppo di scienziati, sembra essere stato diffuso dai frequenti spostamenti di truppe durante la Guerra dei Trent'anni. Una sorta di 'ricircolazione interna' - conclude - dopo il primo ingresso in Europa, piuttosto che essersi stabilito in un reservoir nell'Europa Occidentale".
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