L'algoritmo 'Frank' utilizzato da Deliveroo per valutare i rider è "discriminatorio": penalizza chi si assenta dal lavoro non tenendo conto delle motivazioni, se per motivi futili o se invece, ad esempio, perché malato o in sciopero. A stabilirlo è la sezione Lavoro del Tribunale di Bologna in una sentenza del 31 dicembre 2020 che ha accolto un ricorso presentato congiuntamente dai sindacati Nidil Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil. Una "svolta" per i sindacati, mentre l'azienda puntualizza che quel sistema non è più in uso e che comunque per loro era corretto.
Per il giudice di Bologna il 'ranking reputazionale' della piattaforma Deliveroo, utilizzato fino allo scorso novembre dalla compagnia britannica di consegne a domicilio, ha penalizzato chi si assenta dal lavoro, declassando allo stesso modo sia chi lo fa per motivi banali, sia chi si astiene dalla consegna per malattia o per esercitare il diritto di sciopero. Si tratta, afferma la segretaria confederale Tania Scacchetti, di "una svolta epocale nella conquista dei diritti e delle libertà sindacali nel mondo digitale. Per la prima volta in Europa - sottolinea la dirigente sindacale - un giudice stabilisce che 'Frank' è cieco e pertanto indifferente alle esigenze dei rider che non sono macchine, ma lavoratrici e lavoratori con diritti".
Deliveroo ora dovrà versare 50mila euro ai ricorrenti come risarcimento e pubblicare il provvedimento del Tribunale sul proprio sito internet e nell'area "domande frequenti" della piattaforma. "Prendiamo atto della decisione del giudice che non condividiamo - fa sapere Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italy - e che fa riferimento a un sistema di prenotazione delle sessioni dei rider che non è più in uso". "La correttezza del nostro vecchio sistema è confermata dal fatto che nel corso del giudizio non è emerso un singolo caso di oggettiva e reale discriminazione. La decisione - ha aggiunto - si basa, esclusivamente, su una valutazione ipotetica e potenziale priva di riscontri concreti". Deliveroo valuterà se ricorrere in appello.
"Questa tecnicamente non è una class action americana, ma in realtà lo è perché c'è una discriminazione collettiva in materia di lavoro - ha spiegato l'avvocato Carlo De Marchis, che si è occupato del ricorso insieme ai colleghi Matilde Bidetti e Sergio Vacirca - Non c'è la figura di un rider specifico dietro la causa ed è per questo motivo che è ancora più dirompente, perché vale per tutti i rider". "Avere buoni voti significava avere accesso preventivo all'assegnazione degli slot migliori per orari e zone da coprire", sottolinea ancora il legale.
Il sistema non distingueva infatti tra chi cancellava all'ultimo minuto perché in sciopero o per motivi di salute, rispetto a chi si assentava per motivi futili. "Prenotando la sessione ci si obbligava a geo-localizzarsi nella zona di competenza poco prima dell'inizio del turno e chi non lo faceva senza disdire con un giorno di anticipo scendeva nel ranking". Insomma, le assenze erano considerate tutte uguali. "Il giudice sottolinea che l'adesione a una iniziativa di astensione collettiva dal lavoro è idonea a pregiudicare le statistiche del rider", dice infine il legale.
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