"Il dilemma se la strage alla stazione di Bologna sia stata una strage 'comune' o una strage 'politica' non esiste. Non esiste in radice, perché si è trattato di una strage politica, o, più esattamente di una strage di Stato". Ne è convinto il presidente della Corte di assise di Bologna Michele Leoni, nel motivare la condanna all'ergastolo di Gilberto Cavallini.
Per il giudice "il fatto che a 37 anni di distanza l'imputazione per la strage di Bologna sia di nuovo 'implosa' in un'ottica minimalista e 'spontaneista' che riconduce tutto alla dimensione autarchica di quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo (con le bombe, ma anche con il solito corteo di coperture e depistaggi) lascia perplessi, anche perché non si sa attraverso quale percorso istruttorio e/o processuale si sia approdati a ciò".
Gilberto Cavallini, si legge nelle 2.118 pagine di una 'sentenza-trattato' "era tutt'altro che uno 'spontaneista' confinato in una cellula terroristica autonoma. Nonostante la sua maniacale riservatezza il suo nome è comparso in molti scenari, direttamente e/o incidentalmente". "Risulta chiaro che Cavallini, con i suoi 'collegamenti', era pienamente consapevole dei disegni eversivi che coinvolgevano il terrorismo e le istituzioni deviate", sottolinea ancora la Corte.
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