Una malattia degenerativa e
incurabile, che rischia di portarlo alla cecità, non ha
scoraggiato Sainey Fatty, 23 anni, originario del Gambia, che,
dopo essere arrivato in Italia sei anni fa e avere scelto di
vivere a Bologna, decide di raccontare la sua storia iniziando a
usare una videocamera. Un percorso che dalla consapevolezza
della malattia, la 'retinite pigmentosa' scoperta quando aveva
tre anni, lo ha portato, piano piano, ad accettare quanto
potrebbe accadergli grazie all'aiuto di amici e persone
speciali, ipovedenti e non vedenti, e alla scoperta del
baseball.
Tutto questo viene raccontato nel documentario 'Un giorno la
notte', realizzato da Michele Aiello e Michele Cattani, prodotto
da Zalab Film in collaborazione con la cooperativa sociale Arca
di Noè e Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Il film,
in uscita domani, sarà disponibile gratuitamente in streaming
nella versione audio descritta con la voce di Andrea Pennacchi
su diverse piattaforme (partecipa.zalab.org e su MioCinema.com).
Prima del 'buio', Sainey ha deciso di imparare quante più cose
possibili e dopo essere diventato centralinista dell'Istituto
per ciechi 'Cavazza', ha stretto amicizia con Pasquale che gli
ha insegnato come muoversi nello spazio senza la vista.
"Il primo incontro con il cinema - racconta il 23enne - è
stato durante la mia permanenza al centro di accoglienza per
rifugiati gestito dall'Arca di Noè. Fare questo film mi ha
aiutato a esplorare, imparare, insegnare e condividere
moltissimi aspetti di questa disabilità, sia le cose belle sia
quelle brutte. Rimarrà per me come un souvenir, un'eredità per
il futuro".
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