L'Avvenire d'Italia, importante quotidiano cattolico di inizio Novecento, fondato nel 1896 da Giovanni Acquaderni e chiuso nel 1968, due giorni dopo il primo numero di 'Avvenire', è tutto digitalizzato. L'operazione è stata conclusa dall'Archivio Arcivescovile di Bologna, grazie a un finanziamento della Cei e ai fondi dell'8 per mille: la collezione completa dei quotidiani è consultabile online (https://avvenireitalia.archivio-arcivescovile-bo.it/).
Il giornale, come ricorda un articolo di Bologna Sette, settimanale della diocesi bolognese, nacque nelle ex Legazioni di Romagna all'interno del vasto e complesso movimento cattolico, che trovava espressione nell'Opera dei Congressi. I due promotori furono il bolognese Acquaderni (1839-1922) e il ferrarese Giovanni Grosoli Pironi (1859-1937). A spingere per il quotidiano fu l'arcivescovo di Bologna, cardinal Domenico Svampa e il primo direttore, nel 1896, fu il marchese Filippo Crispolti, già redattore capo dell'Osservatore romano. Nel 1902, con il passaggio di testimone da Crispolti a Rocca d'Adria, pseudonimo di Ceseare Algranati, ci fu il cambiamento della testata da 'Avvenire' a 'Avvenire d'Italia' e il giornale trovò una maggiore unità di indirizzo e una risonanza di respiro nazionale. Nei primi anni del Novecento prese in redazione alcuni esponenti dei 'democratici cristiani' di don Romolo Murri, mentre durante il fascismo, direttore Raimondo Manzini, sopravvisse grazie a una linea di 'depoliticizzazione' e in quegli anni collaborò all'amministrazione del quotidiano e alla redazione di diversi articoli anche il beato Odoardo Focherini.
Nel 1961 assunse la direzione Raniero La Valle, che diede al giornale un'impronta progressista e pacifista, durante gli anni del Concilio Vaticano II seguito accuratamente dal quotidiano bolognese. Fu chiuso il 2 dicembre 1968 quando ci fu la fusione con 'L'Italia' di Milano, da cui nacque 'L'Avvenire'.
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