"I talebani sono criminali. Chiediamo al governo di non riconoscere il loro esecutivo". È l'appello all'Italia che arriva da alcuni cittadini afghani che oggi hanno parlato della propria esperienza davanti alle Commissioni Parità e Cultura dell'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna. La testimonianza portata è quella di chi ha vissuto in prima persona il crollo del governo afgano, lo scorso agosto, il ritiro degli occidentali e il ritorno dei talebani.
Nawin Abdullah Reha, responsabile del Focal Point Human Rights nella provincia di Takhar, ha affermato che "negli anni '80, per contrastare l'Unione Sovietica e i partiti di sinistra, gli Stati Uniti hanno finanziato e fatto crescere i movimenti islamisti. La drammatica situazione attuale del popolo afghano è la conseguenza delle politiche della Nato e degli Stati Uniti". Parole molto dure che ripercorrono le vicende internazionali degli ultimi 40 anni, fino ai giorni nostri. E che si concludono con un quadro dell'oggi: i Talebani "pretendono di imporre leggi vecchie di oltre mille anni", "sono un gruppo terroristico, costringono chi non la pensa come loro a girare con la faccia pitturata, sono responsabili di massacri di civili e della distruzione di importanti siti archeologici: chiedo al governo italiano di non riconoscere il governo talebano".
Ghafoori Abdul Wodood, collaboratore Cospe Onlus nella gestione dei progetti a supporto dei diritti umani e delle donne, ha parlato dell'arrivo "improvviso" dei talebani in alcune città, con le persone che "hanno perso ogni speranza: correvano per le strade chiedendo dove potevano scappare per rifugiarsi e provare a salvarsi. Ci sono persone che hanno provato a scavalcare i cancelli, ma i bambini non ce la facevano". Anche da Wodood un appello al governo italiano, a cui viene riconosciuto il grande lavoro fatto: "Non serve solo la pur necessaria accoglienza dei profughi, ma il sostegno alle realtà che sono rimaste là".
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