Un team internazionale ha dato il
via ai lavori preliminari che porteranno, nei prossimi tre anni,
agli scavi alla ricerca dei resti di Belfiore, l'antica delizia
estense, risalente al XV secolo, scomparsa a seguito di un
incendio nel 1632. I professionisti Cornelius Meyer, dalla
Germania, Pedro Gonçalves, portoghese, Roger Sala e Pedro
Rodriguez, dalla Spagna, hanno montato e messo in funzione
dapprima il magnetometro, poi il georadar per ricostruire - in
questa fase in maniera non invasiva - la planimetria dell'area,
confrontandola con quella di antiche carte.
A supervisionare i lavori - nell'area di circa un ettaro e
mezzo, a nord ovest dell'ultimo tratto di corso Ercole I d'Este
- Chiara Guarnieri della Soprintendenza, ideatrice e ispiratrice
del progetto triennale di archeologia partecipata, finanziato
dal Comune (37.500 euro già deliberati dalla giunta), che da
settembre vedrà in campo anche gli studenti dei licei 'Roiti' e
'Ariosto' e i cittadini, che collaboreranno agli scavi.
L'indagine con magnetometro realizza una prima ricostruzione
del sottosuolo 'leggendo' le anomalie del campo magnetico. Ogni
fase di questa operazione - condotta con una struttura tubolare
mobile, cui sono collegate sette sonde - è geomappata per avere
l'esatta posizione di ogni possibile ritrovamento. Il georadar,
noto anche come Gpr (ground penetrating radar), utilizzato a
seguito dell'indagine geomagnetica, utilizza onde immesse nel
sottosuolo che, rimbalzando, restituiscono una 'mappa' degli
elementi che si 'incontrano' in uno strato - sotto la superficie
- di circa un metro e mezzo: muri, fossati, buche di palo,
strutture temporanee, corsi fluviali, sedimenti stratificati.
Dalla risposta dello strumento si possono avere prime
indicazioni attorno a questo tipo di elementi.
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