Si è chiuso con un accordo, dopo le scuse e una cifra simbolica pagata nell'interesse del policlinico Sant'Orsola di Bologna, il processo a carico di una donna serba che a marzo 2020, in pieno lockdown per il Covid-19, girò un video all'interno dell'ospedale dicendo che la pandemia era inventata. Nell'udienza in tribunale il giudice Stefano Levoni ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere alla luce della remissione della querela da parte del policlinico, rappresentato dall'avvocato Gianluca Malavasi in qualità di procuratore speciale, che ha ritirato la costituzione di parte civile. La somma sarà devoluta alla ricerca in campo medico.
La donna, 44 anni (difesa dall'avvocata Maria Jose Todarello), era imputata per diffamazione aggravata: a fine marzo 2020 girò un filmato mostrando i locali e i corridoi dell'ospedale. Commentandolo, diceva in pratica che la pandemia era inventata, che l'ospedale era vuoto, che veniva creato "un panico maggiore rispetto alla realtà" e che il personale sanitario era assente perché "nelle loro ville con piscina". Poi diffuse sui social i commenti e il filmato, che ha avuto decine di migliaia di visualizzazioni, in tutta Europa. La donna, che all'epoca aveva un parente ricoverato per un'altra patologia e si lamentava del fatto che fosse tenuto in isolamento, fu querelata dall'azienda ospedaliera dopo che il filmato fu segnalato da alcuni dipendenti e dopo che una giornalista di un media croato, specializzato nelle fake news, aveva contattato il Sant'Orsola chiedendo una conferma o una smentita delle affermazioni della donna. Già nel corso della prima udienza si era scusata per il suo comportamento, riconoscendo la falsità delle dichiarazioni.
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