Sfruttavano i loro connazionali, a volte clandestini, facendoli lavorare in nero e con delle paghe irrisorie, 5 euro per 10/14 ore al giorno, trattenendo il resto del denaro. Fornivano direttamente la manodopera sulla base delle richieste degli imprenditori agricoli e per esercitare la loro autorità usavano violenze e minacce nei confronti dei lavoratori 'meno efficienti' o che avevano intenzione di denunciarli. Due cittadini pachistani sono stati arrestati dai carabinieri di Portomaggiore (Ferrara) e da quelli di Venezia, con il sostegno del personale civile dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ferrara, con le accuse di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravata dalla minaccia e dalla violenza, il cosiddetto "caporalato").
Gli investigatori hanno eseguito inoltre un sequestro preventivo di beni per equivalente del valore di circa 100mila euro, vincolando sia le somme giacenti su conti correnti bancari - utilizzati da uno degli indagati e da 5 società a lui riconducibili per movimentare i proventi dell'attività illecita - sia un appartamento, che serviva ad 'ospitare' i lavoratori in precarie condizioni igienico-sanitarie. Le indagini, che hanno condotto agli arresti di oggi, scaturiscono da una precedente attività investigativa, conclusasi nell'aprile 2022, che aveva portato all'arresto di altri 3 cittadini pachistani. Le indagini hanno permesso di documentare il reclutamento illecito di oltre 80 lavoratori, impiegati in più circostanze in diverse aziende agricole della zona e del Ravennate.
Tra gli arrestati, il primo, un 57 enne, riconosciuto dalle sue vittime come il "capo", si trova ora in carcere, mentre l'altro, un 34enne, individuato come il "segretario", è ai domiciliari.
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