A vent'anni dall'ultima
rappresentazione e a 151 dalla storica prima esecuzione italiana
di un'opera di Richard Wagner, l'1 novembre 1871, il "Lohengrin"
è tornato al Teatro Comunale di Bologna, in una sala Bibiena
piena ma non esaurita, per un arrivederci al pubblico al 2026:
nelle prossime setimane, infatti, le attività verranno
trasferite nel quartiere fieristico per gli annunciati lavori di
ammodernamento.
Successo entusiastico per la parte musicale, di cortesia, ma
non è mancato qualche isolato mugugno, per quella visiva.
Affidata la seconda al collettivo romagnolo di Fanny & Alexander
(30 anni di attività per loro) capitanato dal regista Luigi De
Angelis che ha dato vita ad uno spettacolo scarno, giocato più
sulle luci che sui movimenti scenici, ambientato in una sorta di
tribunale militare nel quale si svolge un processo per
fratricidio, crimine del quale è accusata Elsa. Trattandosi di
un'opera dove l'azione è ridotta al minimo, la scelta è parsa
congrua e funzionale; per gli altri due atti De Angelis ha
scelto una scena pressoché vuota. A fare da filo conduttore
della vicenda, la figura dello stesso Wagner, impersonato
dall'attore Andrea Argentieri, che, immaginando di sognare la
sua opera, appare fin dal primo preludio quando lo si vede
portar via in una foresta nebbiosa proprio Gottfried, il
fratellino di Elsa della cui morte è accusata. Dopo averlo visto
anche sui palchetti del teatro, ricomparirà alla fine con lo
stesso ragazzino per il trionfo della giustizia e dell'amore.
Perfetti i cinque interpreti principali: Albert Dohmen (il re),
Vincent Wolfsteiner (Lohengrin), Martina Welschenbach (Elsa),
Ricarda Merbeth (Ortrud) e l'italiano Lucio Gallo (Telramund).
L'ampia e ottima Orchestra del Teatro Comunale è stata diretta
con forza trascinante da Asher Fish, mentre l'altrettanto ampio
coro, che in Lohengrin ricopre un ruolo pari a quello dei
protagonisti, composto dagli artisti del Comunale e da una
ventina dall'Ucraina (ulteriore segno di solidarietà verso i
musicisti di quel martoriato Paese), ha avuto in Gea Garatti
Ansini la consueta superlativa preparatrice.
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