BRUXELLES - Mentre l'Europa trattiene il fiato aspettando l'esito del referendum di domenica, il Governo greco va avanti con la campagna per il 'no' e ribadisce che non è un voto contro l'Europa e che si farà da parte se dovesse perdere. "Rassegnerò le dimissioni se vince il sì", ha detto il ministro delle finanze Yanis Varoufakis, probabilmente provocando un segreto sollievo nei molti colleghi dell'Eurogruppo che in questi mesi lo hanno aspramente criticato. Ma qualunque sia l'esito, "la Grecia in ogni caso dovrà tornare al tavolo e trattare su un programma di aiuto", ha detto il premier Matteo Renzi. Il Fondo monetario internazionale li quantifica: Atene ha bisogno di almeno 50 miliardi di euro fino al 2018, aiuti che potranno venire solo da un nuovo salvataggio Ue-Bce-Fmi. Un terzo piano che, in caso di vittoria del 'no', sarà "molto difficile" da negoziare, fa sapere il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
Mentre i mercati continuano a soffrire la tensione greca, con Milano che chiude in deciso calo (-1,4%), in un nuovo rapporto il Fmi torna sul problema dell'insostenibilità del debito ellenico, contro cui punta il dito da mesi. Secondo i calcoli dell'ormai morto e sepolto 'Memorandum' d'intesa con i creditori, l'anno scorso sarebbe dovuto scendere al 128% del pil. E invece quest'anno viaggia sulla spaventosa soglia del 180%. Per il Fondo è la certificazione che va ristrutturato, una convinzione che il Governo Syriza aveva fin dal suo insediamento e che ha provato a chiedere fino all'ultimo minuto. "Non firmeremo nessun accordo senza la ristrutturazione del debito", torna a ripetere anche oggi Varoufakis, spiegando che se vincerà il 'si' al referendum la Grecia firmerà il piano proposto dai creditori ma se a prevalere sarà il 'no', "riprenderemo immediatamente le trattative".
Ma a quel punto, con un popolo che si è espresso contro i creditori e quindi - dicono le istituzioni - contro l'Europa, negoziare un nuovo salvataggio sarà "incredibilmente difficile" secondo Dijsselbloem. Come farà il Governo, ancora più forte perché legittimato da una consultazione popolare, ad accettare un qualunque programma venga offerto dai creditori? Secondo Dijsselbloem, Tsipras si sbaglia di grosso se pensa che potrà negoziare un pacchetto "meno duro, più amichevole" dopo il referendum. Perché se Syriza non poteva cedere, nemmeno loro possono capitolare su tutto.
In queste ore, però, nessuno se la sente di alzare i toni e guardare allo scenario peggiore. "Secondo me non uscirà dall'euro, farà di tutto per fare un accordo", rassicura Renzi, convinto che un'uscita "sarebbe una sconfitta politica di tutti". Anche Juncker, che per la prima volta è sceso in campo per contraddire le indicazioni elettorali di un Governo europeo, oggi si è limitato a ricordare ai greci la grande responsabilità che portano: "Aspettiamo il risultato del referendum e lo prenderemo in considerazione, ora è il momento che i greci decidano il loro futuro". E anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella spinge ancora per il dialogo: "Auspichiamo che la Grecia possa trovare rapidamente un'equilibrata intesa per riavviare un percorso di stabilità e crescita nell'alveo dell'Unione Europea, cui Atene appartiene".
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