BRUXELLES - Arriva il primo codice di condotta del cloud per proteggere i dati conservandoli all'interno dell'Ue, e non su server basati per esempio in Asia o negli Usa dove non c'è lo stesso livello di tutela della privacy. E' l'iniziativa lanciata, adeguandosi in anticipo alle regole Ue, da una ventina di fornitori di servizi per i dati che operano in Europa, il Cispe (Cloud Infrastructure Services Providers in Europe), di cui ne fa parte l'italiano Aruba. D'ora in avanti questi provider offrono ai loro clienti "la capacità di processare e stoccare i dati esclusivamente nei territori Ue e dell'area economica europea". In base al nuovo codice di condotta, chi fornisce i cloud non potrà utilizzare i dati lì conservati per altri fini, da studi di mercato a marketing: quindi divieto di 'data mining' e di 'profiling', nonché di rivendita dei dati a terzi.
"E' stata una decisione naturale, abbiamo visto un'opportunità con il nuovo codice di condotta, anche per dare il nostro contributo", ha detto all'ANSA l'ad e fondatore di Aruba Stefano Cecconi, spiegando che per i clienti di Aruba da un punto di vista pratico di protezione dei dati in verità "non cambierà tantissimo" in quanto viene già applicata la normativa italiana in materia, molto simile. "Il beneficio maggiore per i nostri clienti", invece, ha spiegato Cecconi, è che ora ci saranno le stesse regole in tutta Europa: "armonizzando le regole gli obblighi sono ben specificati e vengono applicati nello stesso modo in tutti i Paesi", eliminando i "dubbi su cosa devono fare" anche i consumatori. Così facendo "andiamo incontro ai nostri clienti", ha sottolineato il fondatore di Aruba, "quel che stiamo offrendo loro è la scelta del Paese dove devono essere processati i dati" e "in questo caso si è specificato di "dare la possibilità al cliente con precisione di conservare i dati nell'Ue con l'obbligo per il fornitore dei servizi cloud di non spostarli al di fuori dell'Ue neanche per questioni tecniche". Proteggendone così la confidenzialità. Si mette quindi la parola "fine", ha sottolineato Cecconi, all'atteggiamento finora prevalente del "'tu mi affidi i tuoi dati e poi io li metto da qualche parte'".
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