(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Volere è potere, soprattutto
quando è dovere. E ormai ci sono pochi dubbi su cosa chiederà
Donald Trump agli alleati della Nato quando si siederanno
intorno al tavolo al prossimo vertice dei leader, previsto la
prossima estate all'Aia, in Olanda: molti più soldi. Il
segretario generale Mark Rutte lo va dicendo già da un po' che
il 2% non basterà per finanziare i piani di difesa regionali che
l'Alleanza - dunque le 32 capitali - ha approvato. Ora le sue
parole - da Budapest, al summit della Comunità Politica Europea
- assumono un significato diverso: "È chiaro che servirà molto
di più". Per i ritardatari, come l'Italia, potrebbero essere
dolori. Giancarlo Giorgetti ha definito "ambizioso" già il 2%,
chiarendo che Roma non ce la farà a raggiungerlo nei prossimi
anni.
"Nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l'obiettivo
del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e
non del tutto compatibile sotto il profilo delle coperture con
il quadro vigente della governance europea", ha detto il
ministro dell'Economia in audizione alle commissioni Bilancio di
Camera e Senato precisando che, stando alle risorse previste
dalla manovra, "arriveremo all'1,57% nel 2025, all'1,58% nel
2026 e all'1,61% nel 2027". Ma è troppo poco, troppo tardi. In
vista del summit di Washington, la scorsa estate, l'ex
segretario Jens Stoltenberg si era presentato da Joe Biden con
una lista scintillante di ben 23 alleati sopra al 2% (secondo le
stime per il 2024). Tutti i big erano riusciti a entrarci, anche
per il rotto della cuffia - Berlino col 2,12%, Parigi col 2,06%.
Fuori dal club, in ordine decrescente, la Croazia, il
Portogallo, l'Italia, il Canada, il Belgio, il Lussemburgo, la
Slovenia e la Spagna. Peccato che ora si parli già di un nuovo
target, molto probabilmente il 2,5%. Rutte ha chiarito che
adesso servirà un dibattito per decidere se dovrà essere "un
obiettivo generale" o se apportare "percentuali diverse Paese
per Paese", sulla base degli impegni presi con i piani di difesa
regionali.
Ecco, ogni cosa dovrà però essere tarata sul ciclone Trump,
che non molto tempo fa aveva incoraggiato la Russia a far "ciò
che desidera" con gli alleati morosi. Non solo. The Donald aveva
ventilato persino l'ipotesi di chiedere l'arretrato, ovvero gli
anni passati sotto al 2%. Il tedesco Ifo Institute ha fatto i
calcoli. I 30 anni persi valgono per la Germania 230 miliardi di
euro, per l'Italia 120 miliardi e per la Spagna 80 miliardi.
Sono cifre stellari. Ma la necessità di spendere per la Difesa
(e tanto) è ormai imprescindibile. "Non è tanto per colpa di
Trump, ma di Putin", ha notato il nuovo commissario Ue alla
Difesa Andrius Kubilius. Le sfide che l'Europa ha davanti - se
vuole davvero contare di più ed emanciparsi gradualmente dagli
Usa prima che sia troppo tardi - sono colossali. Allo studio, ad
esempio, c'è uno scudo aereo comune. Costo: 500 miliardi.
Il tema dei finanziamenti è al centro del rapporto Draghi e
del dibattito europeo. L'Italia, da tempo, chiede che le spese
per la sicurezza siano scorporate dal patto di stabilità.
Kubilius, nel corso della sua audizione al Parlamento Europeo,
si è detto d'accordo. Un'altra ipotesi, in ambito Nato, è quella
di conteggiare diversamente le spese. "Non siamo a favore, è un
modo per truccare i conti", commenta però un alto diplomatico.
"È vero, l'Italia partecipa a molte missioni internazionali ma
lo facciamo anche noi", sottolinea una fonte di un Paese europeo
sopra al 2%. Insomma, ora che il gioco si fa duro ci sarà poca
simpatia per i ricalcitranti.
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