(dell'inviato Michele Esposito)
"E' davvero speciale vedere
l'Europa riunita nell'ovile della pecora nera...". La battuta è
del premier albanese Edi Rama e non è solo una battuta. Il
vertice della Comunità Politica europea, 42 leader riuniti in
uno stadio enorme e nuovissimo, la Puskas Arena, è arrivato nel
momento peggiore per l'Europa. Allo schiaffo giunto da
Oltreoceano, i leader dell'Ue si sono ritrovati anche con una
Germania politicamente a pezzi e con un sovranismo che, in
Donald Trump, troverà ancor più vigore. Il momento è serio. Ed è
stato Emmanuel Macron, alle prime battute del vertice, a
ricordarlo a tutti: "l'Europa si svegli, dobbiamo difendere i
nostri interessi. Dobbiamo scrivere noi la nostra storia", è
stato il suo monito.
Il presidente francese ha reagito da par suo alla vittoria di
Trump. Tornando a cavalcare una strategia che da tempo ritiene
l'unica percorribile: quella di una sovranità europea, sia in
campo economico che nel settore della difesa. L'arrivo di Trump,
viene spiegato da fonti diplomatiche, ha messo l'Europa di
fronte ad una realtà inevitabile. Macron ha dato il là ad una
discussione che, dopo la riunione della Comunità Politica
europea, i 27 leader Ue hanno previsto di mettere al centro
della cena informale ospitata nel neogotico Parlamento
ungherese, sulle rive del Danubio. Lontano dai riflettori la
questione Trump è affrontabile con maggiore franchezza. Con il
rischio, tuttavia, di spaccarsi subito sulla controffensiva da
mettere in campo. Macron, il suo pensiero, ha deciso di
illustrarlo in diretta streaming, all'inizio del vertice
pomeridiano. "Se restiamo erbivori i carnivori ci divoreranno,
dobbiamo almeno essere onnivori", ha sottolineato l'inquilino
dell'Eliseo rimarcando come nessuno debba sorprendersi che Trump
scelga di difendere gli interessi americani.
La linea di Macron è destinata a rinfocolare l'ammaccato asse
franco-tedesco e troverà una convinta accoglienza anche dalle
parti di Palais Berlaymont. Ursula von der Leyen da mesi si
prepara all'uragano Trump. Già nel gennaio scorso ha istituito
un gruppo di studio per valutare la strategia da adottare.
L'obiettivo della presidente della Commissione è lavorare sugli
interessi comuni agli Usa di Trump e all'Ue. E la convinzione di
von der Leyen è che questi interessi esistono, eccome.
Comprendendo, ad esempio, un comune avversario commerciale: la
Cina. Da Budapest la numero uno dell'esecutivo europeo ha anche
chiamato il presidente eletto americano. "Abbiamo discusso di
difesa e Ucraina, commercio ed energia. Insieme, possiamo
promuovere la prosperità e la stabilità su entrambe le sponde
dell'Atlantico", ha riferito su X.
L'intenzione, tra le cancellerie ancora non travolte dal
sovranismo, è insomma quella di rimboccarsi le maniche. Ma la
strada è molto in salita. Viktor Orban, con Trump a coprirgli le
spalle, sarà ancora più pervicace nella sua tattica anti-Ue,
soprattutto sull'Ucraina. E potrebbe agire non più da solo. Le
alleanze politiche lo legano allo slovacco Robert Fico, e anche
all'Italia dove un partito di governo, la Lega, è apertamente
contrario al sostegno militare a Kiev. Non è un caso, quindi,
che dopo giorni di perplessità, Volodymyr Zelensky abbia deciso
di venire a stringere la mano ad Orban a Budapest. Il presidente
ucraino non ha nascosto i suoi timori. "Nessuno può prevedere
cosa farà Trump", ha sottolineato parlando ai leader europei. Ai
quali ha ribadito l'esigenza di "una pace giusta secondo un
piano deciso dall'Ucraina". "Serve un cessate il fuoco, e dopo
il voto negli Usa sono di più i Paesi europei pro-pace", ha
replicato Orban, in una conferenza stampa nella quale ha
simbolicamente raccontato di aver brindato con della vodka alla
vittoria di Trump. Subito dopo, sul palco, è salito Zelensky. Il
leader di Kiev ha smentito l'ungherese su tutto, stoppando
qualsiasi tentazione europea di cessate il fuoco: "Prima ci deve
essere un piano, o si tornerebbe al 2014, e abbiamo visto cosa è
successo". Ma sugli aiuti militari a Kiev anche i più ottimisti,
in Ue, ora tentennano nell'eventualità di restare senza
Washington. "Una pace si ha solo con delle concessioni, e
bisogna che Vladimir Putin qualcosa la conceda", è la
riflessione a voce alta di una fonte diplomatica a tarda sera.
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