BRUXELLES - Si accende il dibattito sul Digital Service Act (Dsa), il nuovo regolamento Ue per le piattaforme online atteso entro fine anno. Dalle Big Tech della Silicon Valley alle lobby, passando per società civile, autorità pubbliche e accademici, sono centinaia le voci che hanno risposto alla consultazione pubblica lanciata a giugno dalla Commissione Ue sul suo piano per regolamentare l’economia digitale in aree che vanno dalla responsabilità sui contenuti, al dominio del mercato e delle pubblicità online, alla sicurezza.
No a regole ‘ex-ante’ stabilite da Bruxelles, sì a maggiori responsabilità sulla moderazione dei contenuti: questa è in sintesi la posizione espressa da Google nella sua risposta alla consultazione. "Creare un Internet più responsabile, innovativo e utile è una sfida per la società", per questo "supportiamo la modernizzazione delle regole per l'era digitale", scrive l'azienda di Mountain View in un documento di 135 pagine in cui afferma, tuttavia, che una regolamentazione ex-ante potrebbe avere "conseguenze non intenzionali" per le imprese europee. In termini di responsabilità, Google ritiene che i "principi fondamentali" della direttiva sul commercio elettronico del 2000 – che il Dsa dovrebbe sostituire – dovrebbero essere mantenuti, in particolare sul principio del Paese di origine. Ciò che va introdotto, secondo Google, è un regime di maggiore responsabilità per i contenuti illegali. In particolare, l'appello è ai legislatori Ue affinché introducano regole e ruoli "più chiari" per la segnalazione e la rimozione di contenuti illegali sulle piattaforme web, "tutelando i diritti fondamentali di espressione e di accesso alle informazioni". "La nostra risposta è volta a creare un quadro normativo equilibrato in grado di adattarsi alle future innovazioni tecnologiche in modo da poter sfruttare lo slancio e i vantaggi che i servizi online hanno fornito ai cittadini e alle imprese europee negli ultimi due decenni", sottolinea Mountain View.
Il rivale dei motori di ricerca Mozilla ha invece preso posizione sugli obblighi pubblicitari, affermando che, in nome della trasparenza e della responsabilità, le grandi piattaforme dovrebbero "divulgare" in modo chiaro "cosa sia un contenuto pubblicitario e i relativi parametri di targeting".
La lobby del settore EDiMA ha adottato una posizione analoga a Google, sottolineando la necessità di trattare i contenuti illegali e dannosi in modo diverso, mantenendo però i principi chiave della direttiva sull’e-commerce e introducendo un regime di "certezza del diritto, garanzie e incentivi'' affinché i fornitori di servizi online adottino misure per proteggere attivamente gli utenti da contenuti nefasti.
Una linea vicina anche alle richieste di Facebook, che considera il Dsa "l'occasione per l'Europa di stabilire regole efficaci sui contenuti dannosi online".
Microsoft si è invece concentrata sulla difficoltà di identificare le "piattaforme gatekeeper", affermando che "il regolamento dovrebbe stabilire una soglia precisa e alta che solo poche piattaforme probabilmente soddisfano".
Dall'altro lato, l’associazione per i diritti dei consumatori Beuc è favorevole alla creazione di una lista nera di "divieti e di obblighi completi, auto-applicabili e regolarmente rivedibili per le grandi piattaforme web che agiscono come guardiani".
Risposte alla consultazione:
- Google https://blog.google/documents/89/Googles_submission_on_the_Digital_Services_Act_package_1.pdf
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