Le emissioni zero al 2050 non dovrebbero essere un obiettivo dell’Ue, ma anche di ciascun paese membro preso singolarmente. Lo chiede l’Europarlamento nel suo parere legislativo sulla legge per il clima. Nel testo approvato dalla plenaria con 392 sì e la vistosa astensione del Ppe si prevede anche un taglio delle emissioni del 60% al 2030, senza contare l’assorbimento, cioè con il solo sforzo di riduzione. La Commissione ha proposto il 55% netto, tenendo conto dell'assorbimento della CO2.
Nel testo della relazione gli eurodeputati hanno inoltre introdotto il concetto di carbon budget, il bilancio per i gas a effetto serra per monitorare la traiettoria di riduzione delle emissioni anno per anno e assicurarsi che sia sufficiente. Previsti anche l'azzeramento di tutte le sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili entro il 2025, un obiettivo clima intermedio al 2040 e un organismo scientifico indipendente per monitorare i progressi dell'azione Ue. Il parere costituisce la posizione dell’Europarlamento nel negoziato che si aprirà con Consiglio e Commissione.
L'emendamento più controverso è il target 2030 al 60%. Il presidente della Commissione ambiente dell’Eurocamera Pascal Canfin ha indicato un compromesso possibile su "almeno il 55%" di riduzione senza contare l’assorbimento. I leader europei inizieranno a discuterne la settimana prossima per esprimersi in maniera definitiva nel vertice di dicembre. Il lavoro sugli altri emendamenti sarà portato avanti nel Consiglio ambiente, che dovrebbe votare la sua posizione in merito il 23 ottobre, per poi cominciare il negoziato con Europarlamento e Commissione europea.
Quale che sia il risultato sul target 2030, tuttavia, "sarà dannatamente difficile da fare e chiederemo a tutti di fare sacrifici – ha detto durante il dibattito all'Eurocamera il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans – all’industria, ai cittadini, al sistema dei trasporti, a tutti". "E’ un lavoro duro – ha scandito – ma si può fare e prima si inizia, minore sarà il costo".
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