Facebook può 'aggirare' la legge sulla protezione dei dati dell'Ue Gdpr per ottenere il consenso degli utenti per utilizzare i loro dati, utilizzando le condizioni e i termini stabiliti nel contratto civile sottoposto dalla stessa piattaforma agli utenti al momento della loro sottoscrizione. Lo ha deciso la Corte Superiore di Vienna con una sentenza che respinge almeno in parte le accuse avanzate dall'attivista austriaco Max Schrem. Il social dovrà tuttavia risarcire Schrems pagando 500 euro di danni per non avergli concesso il pieno accesso ai dati. I giudici hanno affermato che Facebook può invocare con successo l'articolo 6 del Gdpr, dando così la possibilità alla società di Menlo Park di elaborare i dati degli utenti in base al contratto stabilito con loro. I dati vengono utilizzati per la pubblicità, che rappresenta il principale modello di business di Facebook, ha spiegato il tribunale.
Il Gdpr, ha replicato l'organizzazione senza scopo di lucro Noyb, fondata dallo stesso Schrem, "consente diverse basi per il trattamento dei dati personali: ad esempio, l'accettazione tramite consenso o contratto. I contratti di diritto civile non devono soddisfare i severi requisiti di 'consenso' previsti dal Gdpr. Inoltre, gli utenti non possono revocare il loro accordo quando cambiano idea". Noyb sostiene dunque che Facebook abbia "semplicemente copiato il precedente consenso di diritto civile la notte del 25 maggio 2018, quando è entrato in vigore il Gdpr" e ora affermi di avere un contratto valido per il trattamento dei dati degli utenti al fine di "aggirare i requisiti più severi sulla protezione dei dati richiesti dai legislatori Ue". L'associazione denuncia che "gli utenti di Facebook ora hanno meno diritti ai sensi del Gdpr rispetto a prima in base alla vecchia legge sulla protezione dei dati perché, secondo la Corte di Vienna, hanno stipulato un contratto per ricevere pubblicità personalizzata".
Facebook dovrà comunque pagare 500 euro a Schrems e dargli pieno accesso ai dati perché secondo la Corte il social non concede agli utenti pieno accesso a tutti i dati rilevanti nei suoi vari "strumenti". I giudici hanno sentenziato che gli utenti hanno il diritto di essere informati su quali altre parti hanno fornito dati a Facebook e se e a chi il social ha fornito dati. Poiché Facebook ha costantemente lasciato l'attivista all'oscuro su questi dettagli, dovrà pagare almeno l'importo simbolico di 500 euro richiesti come 'danni emotivi'. "È chiaro che Facebook di fatto non fornisce le informazioni pertinenti. Sono lieto di vedere che la Corte ha autorizzato anche il risarcimento dei danni per tali casi, in cui le aziende negano costantemente agli utenti il diritto di sapere quali dati una società detiene su di loro", ha detto Schrems.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA