Responsabilità sui contenuti illegali che circolano online, sì. Censura contro posizioni controverse, no. Dopo l'inedita messa al bando di Donald Trump dai principali social media per aver incitato le violenze di Capitol Hill, si è acceso il dibattito sul potere delle Big Tech tra i governi e le istituzioni europee, con moniti pesanti da Ue, Germania e Francia. I messaggi online del presidente uscente degli Usa hanno giocato un ruolo non secondario nell'incendiare gli animi dei rivoltosi, ma non per questo doveva essere ‘bannato’, è il messaggio di Bruxelles. Soprattutto, sottolineano dall’Ue, non possono essere solo i privati a regolamentare meglio i contenuti dei social.
Facebook, Instagram, Twitter, Twitch hanno sospeso a tempo indeterminato l'account di Trump, Snapchat gli ha bloccato il profilo, Youtube ha ritirato molti dei video in cui contestava i risultati elettorali. Da ultimo il social network conservatore Parler, dove Trump e molti suoi sostenitori si erano rifugiati, è stato messo off-line.
"Non è rassicurante che le società private decidano de facto cosa ci è consentito vedere come utenti. Ma c'è una differenza tra i contenuti illegali, ciò che è dannoso, e ciò con cui noi esseri umani siamo semplicemente in disaccordo", ha detto la vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, sottolineando come "l'aspetto interessante dell'esclusione" di Trump dalle piattaforme sia "che, in tal modo, le società riconoscono di avere una responsabilità condivisa nel prevenire la diffusione di contenuti illegali". Una presa di responsabilità che fa parte delle proposte normative avanzate lo scorso 15 dicembre dalla Commissione Ue con suo il Digital Services Act. "Noi utenti - aggiunge - abbiamo il diritto di essere informati sul motivo per cui i nostri contenuti sono stati rimossi e di poter fare ricorso nel caso in cui ciò accadesse".
Il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, ha espresso le sue "perplessità", indicando l'8 gennaio 2021, giorno in cui Twitter ha sospeso definitivamente l'account di Trump dopo i disordini di Capitol Hill, come una data spartiacque per le piattaforme digitali. "Questa data rimarrà come riconoscimento da parte delle piattaforme" on-line "della loro responsabilità editoriale e del contenuto che trasmettono. Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo".
Concorde anche la vicepresidente Ue per la Trasparenza, Vera Jourova, secondo la quale "il fatto che" le Big Tech "possano rimuovere definitivamente un presidente degli Stati Uniti in carica sulla base di criteri poco chiari e senza supervisione può essere pericoloso per la libertà di parola".
La linea ufficiale della Commissione Ue, resa pubblica da un portavoce, parla di "conciliare il rispetto dei diritti fondamentali con una maggiore responsabilità delle piattaforme social", per questo "c'è la necessità di una maggiore regolamentazione" del mondo online da parte dei governi. Lo scorso 15 dicembre, la Commissione Ue ha presentato la sua proposta per regolamentare i contenuti online (il Digital Services Act) che, ha ricordato il portavoce, prevede che le piattaforme spieghino "come moderano i contenuti", stabiliscano "in termini chiari quali sono le regole" e informino "sulla decisione di sospendere un account". Queste regole, se saranno adottate dagli Stati membri, "possono ispirare anche altri governi a livello internazionale".
Anche l'Alto Rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, è ha sottolineato la necessità di una maggiore regolamentazione dei colossi digitali purché essa avvenga nello "scrupoloso rispetto della libertà di espressione".
Una situazione che personalità non certo vicine a Trump come la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno definito senza mezzi termini "problematica". Mentre in Francia la classe politica ha raggiunto una rara unanimità nel condannare il bando digitale ai danni del presidente Usa. "La regolamentazione dei colossi del web - ha ammonito il ministro francese dell'Economia, Bruno Le Maire - non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale".
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