Da una parte, gli investimenti con la Cina. Dall’altra, la sicurezza delle reti di nuova generazione. Mentre il 5G in Europa sembra aver superato il 2020 senza danni fatali per il suo sviluppo, la tutela dei cittadini dal coinvolgimento di operatori ad alto rischio come i cinesi Huawei e ZTE procede seguendo "un approccio diverso". Un aspetto da esaminare con attenzione da parte della Corte dei Conti Ue, impegnata in un audit sul 5G lanciato a dicembre e della durata di un anno.
"A oggi c'è un approccio diverso tra gli Stati membri, quando arriveremo alle conclusioni non giudicheremo se le limitazioni agli operatori ad alto rischio (finora imposte soltanto dalla Svezia, ndr) sono corrette o no, ma se l’Ue ha agito in modo uniforme" nell’attuare i protocolli, ha spiegato in un’intervista all’ANSA Annemie Turtelboom, il membro della Corte dei conti europea che guida l'audit. Oltre a essere una priorità per "la competitività dell’Ue", lo sviluppo del 5G nel Continente comporta anche "aspetti transfrontalieri e delle conseguenze geopolitiche", sottolinea l’ex ministra degli Interni prima e della Giustizia poi in due governi federali in Belgio, precisando che gli elementi in gioco sono molteplici. Dal lato finanziario "poiché è coinvolto molto denaro Ue", all’interesse dei cittadini. Perché "ovviamente lavorare con aziende cinesi che sono perlopiù controllate dallo Stato potrebbe comportare un grado di sicurezza diversa rispetto alla collaborazione con società europee".
Senza unità d’approccio e d’intenti, il rischio è che gli Stati membri proseguano ognuno per la sua strada, come fatto con i vari Memorandum d’intesa firmati con Pechino negli anni scorsi. L’audit dei revisori segue un rapporto pubblicato dalla stessa Corte dei Conti Ue a settembre per esaminare la risposta dell'Ue alla strategia di investimento cinese guidata dallo Stato. In quel caso, le capitali avevano mostrato "un approccio non armonizzato", con "diciotto Stati membri", tra cui l’Italia, che "hanno firmato un protocollo d'intesa con la Cina senza informare la Commissione europea dei contenuti, e quindici che, allo stesso modo, hanno attuato una strategia di investimento diretto estero con Pechino senza passare per Bruxelles", spiegano Turtelboom e Paolo Pesce, il revisore italiano parte del team che cura l’indagine, sottolineando la "sovrapposizione" tra l’audit sul 5G e il lavoro fatto sugli investimenti Ue-Cina.
Le implicazioni del legame tra le diversi capitali Ue e Pechino si fa ancor più delicata se si parla delle tecnologie di nuova generazione, che portano con sé la sfida dei dati. "L'uso di apparecchiature 5G cinesi nelle infrastrutture critiche dell'Ue è descritto da molti come una potenziale minaccia", spiega Turtelboom, sottolineando che "un approccio europeo concertato potrebbe presentare vantaggi, soprattutto per quanto riguarda i problemi di sicurezza informatica che potrebbero avere un impatto sul funzionamento del mercato interno".
Tuttavia, la sicurezza nazionale è competenza dei singoli Stati membri. E finora non c’è stato accordo su come procedere insieme. L’unico divieto agli operatori cinesi sinora è stato emesso – e appena confermato – da Stoccolma. "Alcuni Paesi hanno adottato un approccio cauto ma hanno continuato a collaborare con Huawei per il lancio delle reti 5G, per esempio la Germania e il Belgio. La Repubblica Ceca, invece, ha fermato la cooperazione dopo la pubblicazione della propria strategia sulla cybersicurezza", ricorda il membro della Corte. Per ora, non si sa se la firma dell’intesa di principio sugli investimenti tra Ue e Cina porterà cambiamenti anche in campo digitale ma, assicura il revisore belga, se saranno resi noti maggiori dettagli su questo accordo, la Corte dei Conti non esiterà ad approfondire anche questo elemento e ad aggiungerlo nel suo audit.
L’indagine, che impegnerà i revisori nel corso di tutto l’anno, arriva proprio mentre le capitali europee stanno mettendo a punto i loro piani di ripresa nazionale per attingere al Recovery Fund. Con il digitale che, insieme all’ambiente, è la priorità d’investimento indicata da Bruxelles. "La pandemia di Covid-19 ha dimostrato l'importanza della resilienza e delle comunicazioni ad alta velocità anche per mantenere attivi i processi aziendali. Anche solo per motivi economici, il 5G è importante", osserva ancora Turtelboom. Il 20% dei fondi del Recovery dovrà andare al digitale, ma non solo: i prestiti della Bei per il settore valgono 1,4 miliardi di euro e alcuni fondi saranno stanziati anche dal bilancio Ue con il programma Horizon 2020. La Corte finirà il suo lavoro nel gennaio 2022, lasciando spazio anche alla reazione della Commissione Ue, visto che il termine ultimo per la piena implementazione del 5G in Europa è il 2025. "Abbiamo avviato l’audit in tempi ragionevoli – conclude Turtelboom –, del resto mi piace sempre ricordare che non scriviamo report solo per la bellezza di farlo ma per essere fonte di ispirazione per gli stakeholder. Generalmente vediamo che nel tempo mettono in pratica la stragrande maggioranza delle nostre raccomandazioni per migliorare le cose".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA