La playlist di Spotify risuona vittoriosa a fare da colonna sonora alla guerra per il controllo della musica in streaming. A infliggere il primo colpo ad Apple, a seguito di una denuncia partita proprio dalla rivale svedese, è stata ancora una volta la zarina dell'Antitrust europeo, Margrethe Vestager, che non ha esitato a definire l'App Store di Cupertino come un "monopolio" usato per favorire Apple Music ai danni dei concorrenti e ha riacceso così anche lo scontro tra Bruxelles e la Silicon Valley.
Sotto accusa c'è quella che appare come una vera e propria strategia messa in piedi dalla 'mela' che costringe gli sviluppatori delle app a esclusivo contenuto digitale a pagare una royalty per ogni abbonamento che i nuovi utenti sottoscrivono utilizzando l'Apple Store. L'obolo è piuttosto alto: il 30% dell'abbonamento per il primo anno e il 15% dal secondo in poi. E vale anche per quegli utenti già abbonati che però decidono di passare all'account 'premium'. Così "a perderci sono i consumatori", ha osservato Vestager, dopo che l'indagine del suo team ha rilevato come la maggior parte dei servizi di streaming (Spotify, ma anche Deezer e SoundCloud) abbiano trasferito la tassa sugli utenti. Ma le restrizioni alla concorrenza di Cupertino non finiscono qui: una volta entrati nella sua 'bolla', anche le comunicazioni dei servizi rivali ai clienti sono limitate. Vale a dire che gli utenti non possono essere informati sulla possibilità di sottoscrivere l'abbonamento direttamente sul sito web della piattaforma, senza passare attraverso lo store di Apple. Alternativa che aggirerebbe la royalty e renderebbe la scelta più economica. La combinazione delle misure, che non vengono applicate ad altre app a contenuto anche fisico come Uber e Deliveroo, avrebbe così avvantaggiato Apple Music e "non sappiamo che effetto abbia avuto sullo sviluppo di Spotify", ha sottolineato Vestager, perché il 'metodo Cupertino' ha "distorto la concorrenza". Di certo, "per Apple funziona bene", ha detto sarcastica la danese, convinta che per la casa fondata da Steve Jobs sia ancora "possibile trovare soluzioni" per tornare a una "concorrenza leale". A patto che le trovi entro 12 settimane.
Dalla California hanno però subito fatto sapere di non avere affatto gradito. Le motivazioni addotte dalla Commissione Ue sono "l'opposto della concorrenza leale" e "ancora una volta, tutti vogliono i vantaggi dell'App Store ma credono di non dover pagare nulla per questo", è stata la replica di Cupertino, dove anzi ritengono che la società svedese dovrebbe in un certo senso ringraziarli per la parabola che negli ultimi anni li ha portati a diventare il più grande servizio di abbonamento musicale al mondo. "Spotify non paga ad Apple nessuna commissione su oltre il 99% dei suoi abbonati, paga solo una commissione del 15% sugli abbonati rimanenti acquisiti tramite l'App Store", ha precisato ancora la Big Tech, aggiungendo anche che la richiesta di Spotify di pubblicizzare offerte alternative sull'app per iOS non è consentita da nessun negozio digitale al mondo. La guerra, insomma, è soltanto iniziata.
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