BRUXELLES - Altra indagine, altra corsa. Ma questa volta Google viene colpita nel suo business più importante: la pubblicità online. Già sanzionato tre volte a causa di comportamenti anti-concorrenziali in diversi campi, il gigante dei motori di ricerca è di nuovo sotto la lente della Commissione europea, preoccupata che l'azienda abbia "reso le cose più difficili per i rivali" sui servizi pubblicitari 'display' (come banner e video) estromettendoli in una certa misura da un mercato che nel 2019 in Europa valeva 20 miliardi di euro ed è tra l'altro in grande fermento anche per gli editori che spesso usano le inserzioni per monetizzare i propri contenuti.
A fare drizzare le antenne dell'Antitrust Ue, aprendo la strada all'indagine formale più ampia mai avviata sul tema, sono state soprattutto le pratiche nella controllata YouTube, dove gli inserzionisti possono acquistare gli annunci display utilizzando in larga parte servizi forniti da Menlo Park. Che spesso e volentieri fa anche da intermediario nel mercato. "Google è presente a quasi tutti i livelli dell'offerta della catena", ha precisato la vicepresidente Ue Margrethe Vestager premurandosi di ricordare che "la concorrenza leale è importante sia per gli inserzionisti che per gli editori" che cercano di raggiungere il loro pubblico su internet e sono sempre più impegnati nella vendita a loro volta di spazi pubblicitari. Ma in fatto di parità di condizioni i numeri parlano chiaro: Google nel 2020 ha fatto registrare entrate a livello globale pari a circa 147 miliardi di dollari (circa 124 miliardi di euro) grazie ai suoi strumenti pubblicitari come AdX, una delle principali piattaforme per le aste, e DoubleClick for Publishers, uno dei maggiori sistemi di vendita di inserzioni.
Uno strapotere di mercato che, visto dall'alto, rende la piazza di Big G la più grande per chiudere accordi. Ma che, secondo Menlo Park, non arreca danni alla concorrenza, quanto piuttosto "benefici". Anche perché - si è difesa la società - "migliaia di aziende europee utilizzano i nostri prodotti pubblicitari" perché li ritengono "competitivi ed efficaci". Bruxelles comunque si riserva il diritto di esaminare anche l'accesso ai dati degli annunci pubblicitari da parte di terzi e il tracciamento degli utenti per assicurarsi che la privacy non sia lesa.
Nel frattempo la società ha deciso di posticipare la rimozione dei cookie alla fine del 2023, con due anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale che indicava l'inizio del 2022. La tecnologia è da anni utilizzata dal settore pubblicitario per monitorare le abitudini di navigazione sul web e mandare annunci mirati agli utenti. A monte della decisione, ha spiegato il gigante dei motori di ricerca, c'è la volontà di studiare nuove tecnologie che mettano d'accordo sia i pubblicitari sia gli editori.
Google, fresca di una stangata da 220 milioni in Francia per aver abusato della posizione dominante proprio nella pubblicità online, ha comunque riferito di voler "continuare a confrontarsi in modo costruttivo" con la Commissione "per rispondere alle richieste di chiarimento". Nella speranza di scongiurare un'altra multa.
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