La Commissione europea sta valutando l'ipotesi di introdurre una web tax dello 0,3% per tutte le aziende che raccolgono 50 milioni di euro di vendite all'anno. Lo si apprende a Bruxelles da ambienti vicini al dossier a circa dieci giorni dalla presentazione della proposta da parte della vice presidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, prevista per il 20 luglio.
Il prelievo verrebbe applicato a beni e servizi che le aziende vendono online e contribuirebbe a ripagare i 750 miliardi di euro del Recovery Fund. Per venire incontro alle preoccupazioni Usa, si applicherebbe a tutte le aziende, non solo a quelle del tech.
I servizi dell'esecutivo comunitario sono al lavoro e l'ipotesi potrebbe ancora cambiare nei prossimi gieci giorni. Molto dipenderà anche da quanto accadrà in questi giorni al G20 dell'Economia a Venezia, dove i ministri e i governatori delle Banche centrali sono chiamati ad appoggiare le principali componenti del sistema a due pilastri sulla riallocazione dei profitti delle multinazionali e una effettiva tassa minima globale prevista nell'accordo raggiunto all'Ocse.
Se appoggiato, l'accordo sarà finalizzato comunque soltanto in ottobre e Washington sta facendo pressione su Bruxelles affinché ritardi la sua proposta. Vestager ha avuto un colloquio in videoconferenza con la segretaria del Tesoro Usa, Janet Yellen, per affrontare la questione e parlare di come "rendere il sistema fiscale internazionale più equo". "Tutti possono avere le proprie idee su come l'accordo a livello Ocse sarebbe potuto essere ancora migliore", ma se i due pilastri dell'intesa, "quindi la ridistribuzione dei diritti fiscali per le cento più grandi aziende del pianeta, e una soglia di tassazione delle società effettiva del 15%, verranno concordati e attuati, si tratta davvero di grandi passi avanti", ha detto Vestager rispondendo ai giornalisti in sala stampa a Bruxelles. La vicepresidente ha quindi precisato che "la discussione in Ue sulle risorse proprie per finanziare il Next Generation Eu", tra le quali rientrerebbe invece il prelievo digitale "è interna" e non dipende dunque da accordi con gli Usa.
Il rischio tuttavia è che gli Usa considerino il prelievo Ue come un'arma per colpire le Big Tech e creino un fronte contrario a livello internazionale trascinando con sé anche i Paesi europei patria delle multinazionali del tech americane in Europa, prime su tutte Irlanda (che non ha ancora appoggiato l'accordo Ocse) e Lussemburgo. "Siamo incaricati dal Consiglio europeo e dal Parlamento di presentare una proposta. Eviteremo qualsiasi interferenza e indebolimento in relazione alla discussione globale", ha assicurato il commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, parlando in conferenza stampa. "Certo, vogliamo avere la migliore collaborazione possibile con i nostri partner e amici americani", ha aggiunto, aggirando le domande su un possibile ritardo della proposta Ue ma assicurando che comunque la tassa "non creerà alcuna forma di discriminazione e doppia imposizione, quindi non vedo il rischio di tensioni commerciali a causa di ciò".
Anche il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire questa settimana ha difeso i piani europei: "Questa tassa digitale, forse il suo nome non è il più appropriato, non ha nulla a che fare con la tassazione dei giganti digitali", ha osservato.
La prossima settimana Yellen è attesa a Bruxelles, dove parteciperà anche all'Ecofin.
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